Impatto economico dell’AI generativa:+8% annuo di PIL in I...
Una “workforce a 5G”: le sfide generazionali nel mondo del lavoro
Non si tratta di riformulare solo i luoghi e i tempi di lavoro, ma di ri-disegnare processi e obiettivi che convergano verso un nuovo mindset e una cultura del lavoro “smart"
12 Marzo 2021
- Ripensare la gestione delle generazioni sul posto di lavoro è la nuova sfida per l’HR
- L’inclusione generazionale come chiave di volta per riavviare il “firmware” delle organizzazioni

Che ruolo gioca la differenza generazionale in questo scenario
Secondo l’ultimo rapporto Deloitte Human Capital Trends 2020, il 70% delle organizzazioni afferma che guidare la forza lavoro multigenerazionale è importante o molto importante per il loro successo nel prossimo anno e mezzo, ma solo il 10% afferma di essere pronto ad affrontare questo trend.
RESKILLING
La forza lavoro attuale nelle aziende comprende le consuete 4 categorie generazionali (Baby Boomers, Generazione X, Millennial e Z Gen), è si può intuire facilmente quanto siano differenti le competenze che l’organizzazione, e gli employee stessi, vogliano accrescere nel corso della vita professionale. Contrariamente a quanto può sembrare, le nuove generazioni non sono interessate a sviluppare skills verticali e tech-driven, quanto abilità comunicative, relazionali, di creatività e gestione del tempo e delle proprie performance. Contemporaneamente, molti employee stanno diventando molto più consapevoli e diretti rispetto alla formulazione dei reali fabbisogni formativi ed è facile scoprire quanto queste necessità formative inizino a convergere, indipendentemente dall’appartenenza ad una generazione o ad un’altra. Lindsay Pollak, nel suo ultimo volume “The Remix: How to Lead and Succeed in the Multigenerational Workplace” (2019) segnala che più osserviamo le generazioni sul posto di lavoro, più somiglianze troviamo in ciò che le persone vogliono dal lavoro: purpose, scope, leadership comprensiva [“gentile”, nda], crescita e sviluppo professionale; tutti pilastri che non mutano. Ciò che cambia è il modo in cui ogni generazione esprime questi bisogni e le aspettative che vi sono riguardo al soddisfacimento da parte delle organizzazioni. Leggere le necessità di re-skilling o di up-skilling con la lente generazionale inclusiva può permettere alle organizzazioni di trovare “in casa” diverse opportunità di mutuo scambio e apprendimento bi-direzionale tra giovani e adulti sul lavoro, o nella costruzione di percorsi di learning&development condivisi, senza barriere di età.
DIGITAL AWARENESS
Negli ultimi anni la consapevolezza che la Quarta Rivoluzione Industriale avrebbe riformulato completamente il concetto di lavoro nelle organizzazioni è stata lampante. Il mercato del lavoro del futuro dipinto dal World Economic Forum rappresenta da tempo la mutazione di settori e ruoli a partire dall’ingresso dell’automazione, della robotica e delle intelligenze artificiali nei processi produttivi. Ma, per le politiche di formazione delle persone in azienda, non si tratta di potenziare unicamente conoscenze e abilità. La “terapia d’urto” della pandemia ha permesso a molti “laggards”, reticenti al cambiamento tecnologico, di fruire con maggiore destrezza di molti strumenti di comunicazione virtuale, soprattutto tra i più adulti. La maturità digitale, però, non deve prevedere solo consapevolezze, ma anche un vero e proprio cambio di mindset, che può essere differente a livello generazionale. Per un giovane nativo digitale serve un maggiore critical thinking sugli strumenti che conosce e utilizza con una certa spontaneità, mentre per un adulto significa rendere ibrido il senso critico cresciuto nell’ambiente analogico con una maggiore consapevolezza sulle modalità di fruizione e utilizzo del digitale. La Web Literacy (come viene declinata da Mozilla) ovvero saper leggere, scrivere e partecipare online è un’abilità fondamentale, ma lo è altrettanto la Mentalità Digitale, fatta del conoscere e valutare i contesti informativi, capire le implicazioni che la “digitalità” apporta per le persone e per il business, comprendere le dinamiche di interazione e relazione virtuale, assumere uno stile di lavoro aperto, collaborativo e delocalizzato, nonché conoscere gli aspetti di cybersecurity e del rispetto del proprio benessere psico-fisico collegato agli strumenti tecnologici (digital wellbeing). Il livello di potenziamento della padronanza digitale può quindi accelerare vistosamente se si introduce l’inclusione generazionale come mezzo per fondere insieme i due mindset.SMART WORKING
Come sappiamo, non si tratta di riformulare solo i luoghi e i tempi di lavoro, ma di ri-disegnare processi e obiettivi che convergano verso un nuovo mindset e una cultura del lavoro “smart”. Anche qui le richieste da parte di employee di diverse generazioni iniziano a convergere rispetto alla ricerca di flessibilità degli orari e al contempo l’applicazione di un “remote working” che non sia proprio “duro e puro”: fino allo scorso anno sembrava essere una prerogativa dei più giovani, oggi questi principi valgono per una popolazione aziendale più ampia. Perché coinvolgere giovani e adulti insieme nella definizione dello smart working? Perché sono loro che fruiranno dei luoghi e degli stili di lavoro nel futuro anche meno prossimo, veicolando l’intenzione di rinnovare il concetto di workplace attraverso nuovi modi di concepire gli ambienti di lavoro (da Head-Quarter ad Hub-Quarter, ad esempio), l’importanza che rivolgono alla mentorship dei colleghi senior e all’interazione efficace con i team di lavoro. Come rilevato dall’Osservatorio One Day 2020 “Smart Working: il punto di vista di GenZ e Millennials” il 50% dei giovani intervistati si dichiara entusiasta dello smart working, mentre un 40% possiede un’opinione più articolata credendo sia un’opportunità se affiancata comunque al lavoro e alla formazione in ufficio. Il 72% degli intervistati non vuole rinunciare all’ufficio, a patto che la sua funzione e i processi di lavoro vengano rivisti. Gli uffici del prossimo futuro dovranno essere luoghi in grado di promuovere la creatività, un approccio informale, la convivialità e il confronto: tutti principi di inclusione culturale su cui vale la pena insistere per proseguire nella trasformazione organizzativa. LEGGI ANCHE: La sostenibilità dei modelli di lavoro distribuito: priorità per le aziendeLEADERSHIP
Per anni c’è stato un visibile pregiudizio generazionale, soprattutto nei confronti dei Millennial, dipinti come generazione pigra, in cerca di attenzione, narcisista, che richiede un coaching costante, un feedback continuo e tante rassicurazioni sul lavoro. La lettura è che probabilmente le nuove generazioni vorrebbero dei mentor più che dei manager. Semmai, questo bisogno di appagamento, questo desiderio di un purpose “alto”, ha a che fare molto con l’incertezza: i giovani desiderano fisiologicamente una guida e un senso dell’orientamento, soprattutto in un momento storico dove l’incertezza economica, sociale, sanitaria, è l’unica costante. Una revisione della leadership e della managerialità verso i principi “agili” può diventare in questa ottica un importante passo di avvicinamento tra generazioni. Uno dei punti cardine dell’Agile è la realizzazione delle persone sul lavoro a partire anche dal singolo individuo.