Web Summit 2024: il più grande evento tech dell’anno batte ogni record
«L’intelligenza artificiale deve essere come Bitcoin: libera, trasparente, decentralizzata». Intervista a Paolo Ardoino
15 Maggio 2025
Il 13 e 14 maggio, la Fiera di Milano Rho ha ospitato la nuova edizione di AI Week, il più grande evento europeo dedicato all’intelligenza artificiale. Un appuntamento che ha richiamato oltre 17.000 partecipanti, 250 speaker internazionali e più di 170 aziende del settore tech. I temi al centro dell’edizione 2025 sono stati l’AI generativa, la privacy-by-design, l’intelligenza artificiale decentralizzata e le nuove applicazioni nel campo sanitario, industriale e creativo.
La manifestazione si è articolata in 10 palchi tematici tra keynote, workshop e demo live, oltre a giornate di formazione online prima e dopo l’evento fisico.
Tra gli ospiti più attesi: Zack Kass (ex OpenAI), Maja Pantic (ex Meta), Rory Flynn (Midjourney), Abran Maldonado e Paolo Ardoino.
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In occasione dell’evento, ho avuto l’opportunità di intervistare Paolo Ardoino, CEO di Tether e CTO di Bitfinex, tra le figure più attive nel promuovere una visione alternativa dell’intelligenza artificiale.
Abbiamo parlato di come la sua esperienza nel mondo della blockchain e dei sistemi resilienti abbia influenzato la sua idea di AI come tecnologia distribuita, libera, resistente alla censura e pensata per restituire potere agli individui. Ardoino ha condiviso la visione di Tether: un’intelligenza artificiale peer-to-peer, accessibile anche da device a basso costo, costruita su standard open-source e integrata con soluzioni avanzate come le interfacce cervello-computer.
Nel corso dell’intervista ha anche anticipato lo sviluppo del Tether AI SDK, illustrato le implicazioni future per l’identità digitale degli agenti intelligenti e discusso gli ostacoli tecnici e politici verso una reale decentralizzazione dell’AI.
Qualche info su Paolo Ardoino
Paolo Ardoino è CEO di Tether e CTO di Bitfinex, due realtà centrali nell’ecosistema delle criptovalute globali. Dopo aver guidato l’evoluzione tecnologica di Bitfinex, è stato tra gli artefici della crescita di Tether, la stablecoin più utilizzata al mondo.
È anche CSO e co-fondatore di Holepunch, una piattaforma open-source per applicazioni peer-to-peer, e promotore di una visione decentralizzata dell’intelligenza artificiale. Sotto la sua guida, Tether ha avviato investimenti strategici in infrastrutture AI, tecnologie open-source e interfacce cervello-computer, con l’obiettivo dichiarato di rendere l’intelligenza artificiale più distribuita, trasparente e accessibile.
In che modo l’esperienza nello sviluppo blockchain ha influenzato la tua visione sull’evoluzione dell’AI?
Bitcoin incarna valori che ritengo fondamentali: decentralizzazione, privacy, trasparenza e controllo individuale. Non è solo una tecnologia, ma una filosofia incentrata sulla libertà finanziaria e la libertà di parola. La mia esperienza nello sviluppo blockchain ha quindi sicuramente contribuito a dare forma alla mia visione dell’intelligenza artificiale.
Lo ha fatto però anche la mia passione, sin da quando ero piccolo, per il mondo fantascientifico, che ha aperto la mia immaginazione e mi ha fatto sognare nuovi futuri in cui è possibile trascendere le limitazioni di quello che riteniamo possibile, e in cui la tecnologia diventa parte intrinseca e fondamentale dell’universo stesso. Tra le opere che più mi hanno ispirato in questo processo creativo ci sono Isaac Asimov, il mio autore preferito, con “L’ultima domanda” e il suo capolavoro, la saga di romanzi nota come “Ciclo delle Fondazioni”, e i film Matrix e Blade Runner.
Questa passione ha forgiato anche il mio background come ricercatore nel campo dei sistemi di comunicazione distribuita e delle reti resilienti, progettate per funzionare in scenari critici – come catastrofi naturali o contesti militari – dove la capacità di resistere a guasti e interferenze è essenziale per il futuro della società e dell’umanità intera.
Il panorama attuale dell’intelligenza artificiale, infatti, è dominato da modelli centralizzati, controllati da pochi attori, con tutti i rischi che questo comporta: vulnerabilità a singoli punti di fallimento, rischi per la privacy, possibilità di censura e controllo. L’intelligenza artificiale è uno strumento potentissimo che sta già mostrando segni di politicizzazione e centralizzazione. Il rischio è che questa tecnologia fondamentale finisca sotto il controllo di pochi enti, limitandone l’accesso e utilizzandola in modi non allineati con l’interesse pubblico.
Questa visione è radicata anche nella mia esperienza con Tether, dove abbiamo creato una soluzione finanziaria che oggi serve 450 milioni di persone in tutto il mondo. Molti dei nostri utenti sono “unbanked” – persone troppo povere per essere considerate clienti interessanti dalle banche tradizionali. In paesi come l’Argentina, la Turchia e in molte nazioni africane, la nostra stablecoin (USDt) offre una stabilità impossibile da ottenere con le valute locali soggette a iperinflazione.
Il mio obiettivo è portare nell’AI gli stessi principi sopra elencati: decentralizzazione, privacy by design, trasparenza del codice e controllo completo da parte dell’utente. Non credo che la centralizzazione sia inevitabile. In Tether, stiamo lavorando per sviluppare modelli AI locale e peer-to-peer, che mettano al primo posto l’utente senza alcun compromesso. Vogliamo che l’AI condivida l’ideale di Bitcoin: resistente alla censura e a shock esterni, trasparente, accessibile a tutti, un complemento positivo alla società invece che un sistema di controllo distopico.
Come immagini l’uso combinato di AI e blockchain per creare nuove forme di identità e sicurezza digitale?
Vedo un futuro in cui la convergenza tra le capacità analitiche dell’intelligenza artificiale e la natura immutabile, trasparente e decentralizzata della blockchain darà vita a sistemi di identità digitale più sicuri e controllati dall’utente.
Le proprietà della blockchain la rendono una base ideale per la gestione degli attributi di identità digitale. Questi sistemi possono fornire un livello di affidabilità e verificabilità difficilmente raggiungibile con i database centralizzati tradizionali. L’esperienza di Tether nell’utilizzare diverse blockchain come livelli di trasporto per USDt dimostra la fattibilità di sfruttare queste reti per trasferire valore in modo sicuro ed efficiente.
Immaginando un futuro in cui il mondo sarà permeato da agenti AI, nell’ordine dei miliardi, sarà fondamentale fornire un’identità digitale a ciascuno di essi, sicura crittograficamente, comprovabile ed immutabile, che potrà garantire ad ogni utente la certezza della controparte con cui andrà a interagire. Non c’è ad oggi uno strumento più resistente e adatto a questo scopo della tecnologia blockchain.
Quest’anno Tether lancerà un Artificial Intelligence Software Development Kit pensato per essere eseguibile ovunque, da telefoni a basso costo ad ogni personal computer, fino a mainframe con migliaia di GPU. La nostra tecnologia, implementata in modo estremamente modulare e scalabile, supporterà l’integrazione con differenti sistemi di identità basati su blockchain, allo scopo di creare un layer comune di comunicazione e identificazione.
In un mondo sempre più digitale, la sovranità sui propri dati e sulla propria identità digitale è un prerequisito essenziale per una vera autonomia. I sistemi di identità centralizzati attuali presentano rischi per la privacy e il controllo individuale, analoghi ai rischi presenti nella finanza tradizionale che la blockchain mira a superare.

Secondo te, vedremo mai una reale intelligenza artificiale decentralizzata? Quali sono gli ostacoli principali?
Credo che un’intelligenza artificiale decentralizzata non solo sia possibile, ma sia anche necessaria, per contrastare le forze centralizzatrici che stanno plasmando l’attuale panorama dell’AI.
Questo approccio è fondamentalmente diverso da quello adottato da aziende come OpenAI o Google. Come ho spiegato in altre occasioni, chi cerca di creare AGI o ASI (Artificial Super Intelligence) sta cercando di farlo in modo completamente centralizzato – si immaginano di avere un cervellone con tutte le informazioni e di averne il pieno controllo. Secondo me è una cosa che difficilmente funzionerà. Per creare una super intelligenza, deve per forza essere distribuita. Ogni modello, ogni agente di questo sistema deve agire come un neurone completamente indipendente ma collegato al resto della rete.
Parte di ciò che stiamo costruendo è probabilmente la rete più grande e più indistruttibile di sistema di agenti AI al mondo. Il nostro obiettivo è permettere alle persone e alle aziende di creare i propri modelli AI mantenendo controllo delle proprie informazioni private. Con i nostri strumenti, le informazioni di training rimangono in mano al proprietario, che poi decide cosa rendere disponibile alla rete. Questa architettura crea una resilienza naturale – nessuno stato può spegnere o controllare l’intera rete.
La recente esperienza di DeepSeek dimostra che le aziende che cercano di mantenere sistemi AI closed source verranno probabilmente superate. Ogni volta che qualcuno fa un passo avanti con AI proprietarie, arriva qualcun altro che produce risultati migliori con approcci open source.
Tuttavia, certamente il percorso verso questo obiettivo presenta ostacoli significativi. Faccio di seguito alcuni esempi.
Anzitutto, l’addestramento dei modelli AI più avanzati richiede una potenza computazionale enorme, attualmente concentrata in grandi data center. Il nostro investimento massiccio in Northern Data ne è una testimonianza. Realizzare l’addestramento in modo decentralizzato è un problema tecnico molto più complesso rispetto all’esecuzione o al fine-tuning decentralizzato.
In secondo luogo, sebbene l’AI locale risolva i problemi di privacy durante l’uso del modello, l’addestramento iniziale richiede potenzialmente l’accesso a dataset vastissimi. Garantire questo accesso in modo decentralizzato senza compromettere la privacy dei dati sottostanti è una sfida rilevante da affrontare.
Terzo e quarto punto: un ecosistema AI decentralizzato funzionante richiede standard e protocolli comuni per garantire interoperabilità e coordinamento tra i diversi nodi e modelli.
I dispositivi locali, per quanto potenti, hanno capacità computazionali e di memoria limitate rispetto ai server cloud dedicati. Eseguire modelli AI complessi in modo efficiente su hardware eterogeneo rappresenta certamente una questione interessante e complessa.

Tether ha annunciato investimenti significativi in Intelligenza Artificiale. Puoi anticiparci a quali settori verticali state puntando?
Stiamo realizzando investimenti significativi e diversificati nel campo dell’intelligenza artificiale, finanziandoli interamente attraverso i profitti generati dalle proprie operazioni e mai attingendo alle riserve che garantiscono USDt. I nostri investimenti coprono l’intera catena del valore dell’AI, dall’infrastruttura computazionale alle applicazioni all’avanguardia.
Per comprendere la portata di questa visione, è importante considerare la scala delle nostre operazioni attuali. Tether gestisce oltre 165 miliardi di dollari, principalmente in buoni del tesoro americani, oro e Bitcoin. Questa solida base finanziaria ci permette di investire in tecnologie all’avanguardia e di sperimentare soluzioni innovative senza le pressioni tipiche del venture capital.
Quanto all’infrastruttura AI, il nostro investimento più rilevante in questo ambito è la partecipazione di maggioranza in Northern Data (circa $1 miliardo), un’azienda specializzata in cloud computing e AI generativa, che ci garantisce l’accesso a una significativa capacità di calcolo basata su GPU (parliamo di 24.000 processori NVIDIA), essenziale per l’addestramento e lo sviluppo di modelli AI su larga scala e in modo indipendente.
Rispetto, invece, alle Brain Computer Interfaces, abbiamo un investimento strategico di $200 milioni per una partecipazione di maggioranza in Blackrock Neurotech, azienda pioniera nella tecnologia, con dispositivi già impiantati in pazienti umani. Parallelamente, la divisione Tether Data sta sviluppando BrainOS, una piattaforma open-source per l’aumento della capacità cognitiva e cerebrale. L’obiettivo è democratizzare l’accesso alle interfacce cervello-computer, garantendo che rimangano open-source, trasparenti e accessibili da tutti. I progressi in questo campo sono già sorprendenti. Abbiamo un paziente con sclerosi laterale amiotrofica che, grazie al nostro chip BCI, può comunicare con la moglie alla velocità di 90 parole al minuto semplicemente pensando. In un altro caso, una persona paralizzata può controllare arti robotici o addirittura droni con il pensiero. La tecnologia è così sensibile che può persino cogliere termini e nickname personali archiviati nei ricordi più profondi.
La mia convinzione, infatti, è che l’AI supererà le capacità cognitive umane in molti compiti. Per rimanere rilevanti e competitivi, gli esseri umani dovranno probabilmente potenziare la propria intelligenza integrando strumenti come i chip neuronali. Questo permetterebbe di combinare la creatività naturale umana con una vasta potenza computazionale, accelerando esponenzialmente la scoperta scientifica, la comprensione, nonché la portata e la ricchezza della nostra comunicazione. Vediamo questo investimento, quindi, come un modo per preservare l’unicità umana e potenziare le capacità cognitive nell’era dell’AI. Purtroppo, per creare un umano ci vogliono 20 anni e 200-300 mila euro. Per creare un robot ci vogliono una giornata e 20 mila euro. In un mondo dove tra 10-15 anni ci saranno un miliardo di robot dotati di intelligenza artificiale avanzata, come potrà l’uomo rimanere competitivo? La risposta, a mio avviso, è: attraverso l’aumento delle capacità cognitive umane.
Per quanto concerne altre direzioni di sviluppo di AI, abbiamo creato una divisione interna specificamente dedicata allo scopo, Tether Data. Oltre alla Tether AI SDK per creare applicazioni AI P2P private e resilienti, stiamo anche realizzando applicazioni specifiche come AI Translate, AI Voice Assistant e AI Health, tutte progettate per operare localmente, garantendo piena privacy e auto-custodia dei dati e dei fondi.
Come pensi si possa bilanciare la necessità di innovazione con la tutela della privacy nell’era dell’AI?
Dal mio punto di vista, lo ribadisco, la privacy non è un ostacolo all’innovazione o un compromesso necessario, ma un requisito fondamentale e un abilitatore di innovazione responsabile e incentrata sull’utente.
La critica ai sistemi centralizzati si estende naturalmente alla gestione dei dati personali: i modelli AI che richiedono l’invio massiccio di dati a server centrali creano rischi intrinseci per la privacy e cedono il controllo a terzi.
Il fulcro del nostro approccio alla convergenza tra innovazione e privacy è progettare applicazioni AI e l’SDK sottostante in modo che l’elaborazione avvenga direttamente sul dispositivo dell’utente. Questo significa che i dati sensibili non lasciano mai il dispositivo per essere processati da server esterni.
Inoltre, sfruttiamo reti peer-to-peer (abilitate da tecnologie come Holepunch) per la comunicazione tra dispositivi o per l’archiviazione distribuita dei dati, evitando la dipendenza da server centrali. Questi server centrali rappresentano punti di vulnerabilità per attacchi informatici e potenziali punti di sorveglianza. Mantenendo i dati e le interazioni all’interno della struttura P2P, si rafforza la privacy e la resilienza del sistema.
L’elaborazione locale abilita il principio fondamentale dell’auto-custodia, estendendolo dai fondi (come nel caso del wallet Bitcoin gestito localmente sul proprio device dall’AI) ai dati personali, mentre la natura open-source della tecnologia consente alla comunità di sviluppatori e ricercatori di ispezionare il codice, di verificare l’assenza di backdoor o meccanismi nascosti di raccolta dati, e contribuire a migliorarne la sicurezza.
Sostengo, quindi, che la vera innovazione, quella sostenibile e centrata sull’utente, possa prosperare solo su fondamenta che si contrappongono esplicitamente ai modelli “black box” dominanti basati sull’ingestione di dati su piattaforme cloud centralizzate, che creano dipendenze e rischi intrinseci per la privacy.
Questa filosofia si estende anche alla nostra visione per le interfacce cervello-computer. Come ho già affermato in altre circostanze, una BCI che è in grado di leggere i nostri pensieri più intimi non può essere chiusa, dovrebbe essere un sistema di tutti, dove chiunque possa andare a vedere il codice e capire come funziona, assicurarsi che non ci siano backdoor o sistemi nascosti che possano essere utilizzati per controllarci.
Ottenere questo livello di apertura, decentralizzazione e privacy-by-design è un importante elemento di differenziazione competitiva: questo approccio risponde direttamente alle preoccupazioni del mercato e può attrarre utenti e sviluppatori che danno priorità alla sovranità dei dati e alla decentralizzazione – valori particolarmente sentiti all’interno della comunità Bitcoin e tra i sostenitori delle tecnologie aperte.
Mentre in Europa e in altre regioni si discute di regolamentare l’AI, con misure che ritengo illusorie, altrove si progredisce, per fortuna, anche in questo senso, con impatti concreti. Come ho detto in passato, infatti, chiunque pensi di poter rallentare l’intelligenza artificiale a livello tecnologico è un illuso. Il nostro mondo è molto fluido: siamo arrivati a un livello di globalizzazione tale per cui, se l’Europa mette dei paletti sulla tecnologia, il resto del mondo continuerà ad andare avanti. Penso che le regolamentazioni vengano spesso create da persone che di tecnologia sanno poco, e che rischiano solo di rendere l’Europa il fanalino di coda dell’innovazione.