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Come costruire fiducia e autorevolezza: il nuovo report di LinkedIn sul Branding B2B
11 Giugno 2025
LinkedIn svela i segreti per costruire un brand B2B efficace e credibile. Un nuovo report, basato su oltre 1.500 decision maker, analizza i fattori che generano fiducia nel marketing B2B, l’importanza delle raccomandazioni e le strategie vincenti per distinguersi in un mercato affollato.
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Branding B2B: fiducia come strategia, non come tattica
Nel panorama competitivo del B2B contemporaneo, la fiducia non è più un’opzione accessoria o un effetto collaterale del successo: è diventata la leva strategica principale su cui costruire un brand solido e duraturo.
Il report di LinkedIn lo conferma in modo netto: il 93,7% dei marketer intervistati considera la costruzione della fiducia come l’elemento cruciale per il successo del branding B2B.

Il dato non lascia spazio a dubbi: la fiducia è oggi percepita come il fattore abilitante per generare influenza, creare connessioni significative e facilitare le decisioni d’acquisto all’interno di gruppi complessi di buyer.
Nel marketing B2B, infatti, il processo decisionale coinvolge una molteplicità di stakeholder, spesso con livelli diversi di conoscenza tecnica e con una forte attenzione alla minimizzazione del rischio.
La celebre frase “Nobody ever got fired for buying IBM” non è più solo una battuta storica, ma rappresenta ancora oggi il riflesso di un bisogno profondo di sicurezza e di rassicurazione.
In questo contesto, la fiducia non si costruisce attraverso campagne promozionali a breve termine, ma richiede una strategia coerente, integrata e orientata al lungo periodo, capace di toccare ogni punto del funnel.
La fiducia è, quindi, un’attività full-funnel, che inizia con la creazione di reputazione e rilevanza di categoria nella fase di awareness (TOFU), passa attraverso la validazione da parte di clienti, pari ed esperti nella fase centrale (MOFU), e si rafforza con segnali chiari di affidabilità e valore nel momento della conversione (BOFU).
Non è sufficiente essere conosciuti, bisogna essere riconosciuti come affidabili, coerenti, autentici. E questo avviene solo quando i messaggi del brand sono confermati da testimonianze reali, endorsement credibili e una presenza coerente nella categoria di riferimento.
In sintesi, il branding B2B non può più essere concepito come un esercizio estetico o narrativo, ma come una strategia di costruzione della fiducia, in cui ogni azione di marketing, ogni contenuto pubblicato e ogni interazione con il pubblico contribuiscono a rafforzare – o a minare – la percezione di affidabilità del brand.
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Le raccomandazioni contano più del prezzo
Nel contesto del branding B2B, ciò che convince un buyer a scegliere un brand rispetto a un altro non è più il prezzo o la semplice qualità tecnica del prodotto, ma la credibilità che quel brand è riuscito a costruirsi all’interno del proprio settore.
Il nuovo report LinkedIn mette in evidenza un cambio di paradigma profondo: le scelte d’acquisto B2B sono oggi fortemente guidate da segnali di validazione sociale, come le testimonianze dei clienti, le raccomandazioni dei colleghi o le valutazioni di esperti di settore.

In un ambiente dove le decisioni sono collettive e spesso condivise tra più reparti, la prova sociale ha un impatto superiore rispetto alla comunicazione unidirezionale del brand.
Questo avviene perché i decision maker cercano rassicurazioni: vogliono sapere che altre aziende simili alla loro hanno ottenuto risultati positivi, che il brand mantiene le promesse e che è in grado di generare valore concreto. In pratica, la fiducia viene “trasferita” attraverso la voce degli altri: clienti, colleghi, analisti, partner. E questa fiducia ha un peso molto maggiore rispetto a leve tradizionali come lo sconto o l’innovazione fine a sé stessa.
I dati del report sono inequivocabili: le raccomandazioni dei clienti sono 3 volte più influenti del prezzo competitivo, mentre la credibilità costruita tra pari vale molto più della notorietà generica o dell’originalità del prodotto e ribalta molte delle priorità tradizionali nel marketing B2B, mettendo in discussione investimenti e metriche spesso focalizzati sulla visibilità o sulle performance immediate.
In dettaglio:
- Le raccomandazioni dei clienti sono 3 volte più influenti del prezzo competitivo nella percezione di affidabilità del brand.
- Le raccomandazioni da parte dei pari sono valutate 1,65 volte più rilevanti della semplice brand awareness.
- Le testimonianze e gli endorsement pesano 2,2 volte più dell’innovazione non validata da esperienze concrete.
- Anche rispetto all’opinione degli analisti, le testimonianze dei clienti sono leggermente più influenti (58,1% contro 41,9%).
- Il 71,7% dei marketer preferisce un brand con relazioni solide e continuative rispetto a uno che offre condizioni più vantaggiose ma ha poca storia nel settore.
I dati significano che per fare branding B2B in modo efficace nel 2025, le aziende devono ripensare le proprie strategie narrative e allocative, concentrandosi meno sul messaggio diretto e più su come attivare clienti e partner per parlare al posto loro.

In un’epoca in cui la fiducia è scarsa e la concorrenza altissima, non vince chi parla di sé, ma chi è fatto parlare dagli altri.
I veri ostacoli al branding B2B
Costruire fiducia è fondamentale, ma molti brand B2B non riescono a farlo in modo efficace perché sottovalutano o ignorano gli ostacoli che si frappongono tra il brand e il suo pubblico.
Il report evidenzia come la mancanza di fiducia non sia quasi mai legata a un singolo errore, ma piuttosto a una combinazione di fattori invisibili e sottovalutati che minano, giorno dopo giorno, la credibilità di un marchio.
Uno dei problemi principali è che le aziende B2B spesso si concentrano su metriche interne o di performance a breve termine, trascurando aspetti più intangibili ma cruciali come la riconoscibilità nella categoria, la coerenza narrativa e la disponibilità di testimonianze verificate.

In altri casi, le divisioni interne non sono allineate, generando una comunicazione frammentata e poco coerente, che confonde i buyer anziché rassicurarli.
Un altro limite importante è che molti brand si raccontano troppo poco o troppo tardi: mancano casi studio, endorsement, contenuti di terze parti e una visibilità costante e distinta all’interno della categoria di riferimento e ciò porta a una percezione di “genericità” che, in un mercato B2B sempre più affollato, equivale a diventare invisibili. Come spiega il report, non basta essere competenti: bisogna anche essere riconoscibili, credibili e ricordati nel momento in cui il buyer deve scegliere.
È interessante notare che nessun singolo ostacolo emerge come predominante, ma l’insieme di più fragilità contribuisce a erodere la fiducia.
La somma delle assenze pesa più di qualsiasi errore di comunicazione. In particolare, il report LinkedIn evidenzia i seguenti limiti frequenti tra i brand B2B che non riescono a costruire fiducia:
- Il brand appare generico e poco differenziato, senza un messaggio distintivo (30%)
- Mancano clienti disposti a fare da ambassador, il che rende difficile attivare meccanismi di prova sociale (24%)
- Assenza di case study, testimonial e risultati misurabili da mostrare al pubblico (27%)
- Disallineamento interno, che porta a narrazioni incoerenti o contraddittorie (22%)
- Mancanza di riconoscibilità degli asset visivi e verbali del brand (20%)
- Bassa awareness nella categoria, che impedisce al brand di entrare nel radar dei buyer (28%)
- Claim poco credibili o non supportati dai fatti, che generano scetticismo (23%)
- Scarsità di endorsement di terze parti (influencer, analisti, partner) (21%)
- Vincoli di budget che portano a trascurare le attività di brand-building (25%)
- Poca trasparenza su prezzi e offerte, che genera sospetto (22%)
In sostanza, il report ci dice che un brand B2B che non comunica fiducia attivamente rischia di perdere rilevanza silenziosamente. Il silenzio, l’indifferenza o la mancanza di presenza significativa valgono quanto – o più di – un errore di comunicazione.
L’assenza di endorsement è percepita come una red flag tanto quanto un contenuto mal fatto.

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Branding B2B e validazione sociale: i veri segnali che contano
Nel contesto del branding B2B, uno degli elementi più sottovalutati ma decisivi è la validazione sociale. Secondo il report LinkedIn 2025, i decision maker non si fidano solo di ciò che un brand dice di sé, ma cercano segnali esterni che confermino la credibilità del messaggio.
In un mercato dove le promesse sono spesso simili e i claim tendono ad assomigliarsi, i professionisti B2B si affidano ad “indizi sociali” concreti e verificabili per distinguere i brand realmente affidabili da quelli che semplicemente comunicano bene.
La fiducia non è mai un atto spontaneo: è il risultato di ripetute esposizioni a contenuti coerenti, endorsement autorevoli, testimonianze reali e segnali visibili di affidabilità. Questo meccanismo psicologico, ben noto nel marketing B2C, è ancora più rilevante nel B2B, dove i cicli di acquisto sono lunghi, i rischi sono elevati e le decisioni coinvolgono più stakeholder.
Non basta quindi dichiarare di essere leader o innovatori: serve dimostrarlo con prove concrete. Il branding B2B si rafforza attraverso una presenza costante nella categoria, ma soprattutto grazie al fatto che altri – clienti, media, analisti, influencer – confermano la bontà dell’offerta. Il concetto è alla base della “social proof” nel B2B, che può valere quanto (o più di) una campagna ben pianificata.
LinkedIn ha identificato con chiarezza quali sono i segnali di fiducia che i buyer notano e valorizzano:
- Raccomandazioni da clienti soddisfatti
- Case study dettagliati con risultati concreti
- Articoli, menzioni o premi ottenuti da fonti esterne e autorevoli
- Partecipazioni a eventi o partnership con realtà riconosciute nella categoria
- Recensioni pubbliche o interviste ai clienti
- Iniziative di thought leadership con contenuti firmati da esperti dell’azienda
- Presenza costante su LinkedIn con contenuti utili e coerenti nel tempo
- Collaborazioni con influencer B2B credibili e riconosciuti nel settore
L’obiettivo non è semplicemente essere visti, ma essere riconosciuti come affidabili e raccomandabili. Il branding B2B più efficace non è quello che parla da solo, ma quello di cui parlano gli altri – e bene.
Lo spostamento da comunicazione autoreferenziale a comunicazione validata è la chiave per scalare la fiducia e costruire una reputazione solida nel lungo termine.
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Costruire fiducia lungo tutto il funnel
Nel branding B2B, la fiducia non è un evento isolato, ma un processo graduale che si sviluppa in ogni fase del funnel. Il percorso che porta un potenziale cliente dalla consapevolezza alla decisione è spesso lungo, complesso e articolato. In questo scenario, la fiducia agisce come una forza che tiene unito il customer journey, eliminando le frizioni e facilitando il passaggio da una fase all’altra.
Secondo il LinkedIn B2B Marketing Benchmark Report, la fiducia non si costruisce solo al momento dell’acquisto o nella fase finale di conversione: è un capitale che si accumula fin dai primi touchpoint, attraverso contenuti coerenti, comportamenti autentici e segnali reputazionali credibili. Un errore comune dei marketer B2B è quello di concentrarsi solo sulla performance a breve termine o sulle conversioni dirette, trascurando il valore a lungo termine della costruzione di un brand solido e affidabile.
Nel funnel B2B, ogni interazione può rafforzare o indebolire la percezione del brand. Per questo è fondamentale progettare ogni punto di contatto con l’obiettivo di rafforzare la fiducia, offrendo valore, coerenza e credibilità.
La pubblicità, i contenuti organici, le interazioni umane e persino l’esperienza utente sul sito o sulla pagina LinkedIn dell’azienda devono parlare lo stesso linguaggio e trasmettere un’identità chiara e affidabile.
Il report identifica una serie di tattiche efficaci per costruire e consolidare la fiducia lungo tutte le fasi del funnel:
- Upper funnel: contenuti educativi, thought leadership e brand awareness mirati a rendere il brand riconoscibile e autorevole nella categoria
- Mid funnel: approfondimenti su prodotti e soluzioni, webinar, white paper e case study che dimostrano competenza e capacità di risolvere problemi reali
- Lower funnel: testimonianze di clienti, dimostrazioni, prove gratuite e interazioni one-to-one che abbassano le barriere psicologiche all’acquisto
- Post vendita: programmi di onboarding, customer success e contenuti personalizzati che trasformano i clienti in sostenitori del brand
Investire in branding B2B orientato alla fiducia significa progettare ogni fase del funnel come un’occasione per consolidare la relazione, non solo per vendere. È un approccio meno immediato ma molto più efficace nel tempo, soprattutto in un mercato dove la reputazione è spesso il vero vantaggio competitivo.
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Le 3 raccomandazioni LinkedIn per il branding B2B nel 2025
Costruire un brand B2B efficace nel 2025 richiede un approccio olistico, guidato da dati e orientato alla fiducia. Il report identifica le tre priorità strategiche che ogni azienda dovrebbe adottare per aumentare il proprio impatto, generare fiducia e differenziarsi in un mercato sempre più affollato e competitivo.

Queste raccomandazioni non sono semplici consigli operativi, ma direttive strategiche basate sull’analisi di oltre 1.500 decision maker, che delineano con chiarezza ciò che oggi funziona davvero nel branding B2B. In un contesto dove i cicli di vendita si allungano e l’infodemia mina la capacità di attenzione, solo i brand in grado di comunicare con coerenza, visione e autenticità riescono a emergere.
La forza di queste indicazioni sta nella loro complementarità: ciascuna agisce su un livello diverso della relazione tra brand e pubblico – dal posizionamento strategico, alla creazione di valore tangibile, fino alla costruzione di prove sociali solide. Ignorare anche solo una di queste leve significa compromettere la propria capacità di costruire un brand B2B duraturo e rilevante.
Ecco quindi i tre pilastri strategici per il 2025:
- Essere famosi nella propria categoria (Be Category Famous): significa occupare una posizione chiara e riconoscibile nella mente del pubblico, diventando sinonimo della propria area di competenza. Non si tratta solo di awareness, ma di un riconoscimento associato a competenza e leadership.
- Costruire valore tangibile attraverso contenuti utili: educare, informare e accompagnare i clienti con contenuti che rispondono a problemi concreti, posizionandosi come guida e non come semplice venditore.
- Accelerare la fiducia sociale: sfruttare le raccomandazioni, le testimonianze e l’influenza dei propri clienti per legittimare la proposta di valore. La social proof diventa così una leva cruciale per ridurre l’incertezza e aumentare la credibilità del brand.
Queste raccomandazioni definiscono una roadmap chiara per le aziende che vogliono fare branding B2B con successo nel panorama attuale.
Non basta più essere presenti: serve una strategia mirata, coerente e orientata alla fiducia.
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Branding B2B: una questione di prova sociale, non di visibilità
Nel marketing B2B tradizionale, la visibilità è spesso stata considerata il primo obiettivo da raggiungere. Essere “top of mind” per i decision maker, presidiare i canali digitali e partecipare agli eventi di settore sembravano condizioni sufficienti per essere considerati rilevanti.
Ma oggi il branding B2B non si costruisce più solo a colpi di impression e awareness. LinkedIn ribalta questa visione: non è la quantità di visibilità a generare fiducia, ma la qualità della prova sociale che un brand riesce a costruire.
Secondo i dati raccolti, ciò che davvero incide nella scelta di un partner B2B è la percezione condivisa della sua affidabilità. In altre parole, non basta che un brand sia visibile: deve essere raccomandato, riconosciuto come utile, coerente e supportato da feedback positivi da parte di clienti reali.
Il concetto di “social trust” – centrale nel report – diventa così il vero indicatore di forza per un brand B2B.
La validazione da parte della community professionale, l’autorevolezza guadagnata nel tempo e le relazioni costruite attraverso esperienze concrete hanno oggi molto più peso di una semplice esposizione pubblicitaria.
I buyer B2B si fidano meno delle promesse di marca e molto di più delle esperienze raccontate da colleghi, recensite online o condivise attraverso white paper, case study e referenze.
LinkedIn sottolinea quindi il passaggio da un modello push a un modello pull: non si tratta più di spingere il messaggio del brand verso il pubblico, ma di creare le condizioni affinché sia il pubblico stesso a riconoscere il valore del brand e a farsene promotore. In questo contesto, la prova sociale diventa il nuovo media.
Le aziende che desiderano davvero consolidare la propria posizione devono puntare a costruire una rete di fiducia attorno al proprio brand: clienti soddisfatti, collaboratori coinvolti, partner riconoscenti.
È questa rete che amplifica la reputazione e rende il brand credibile agli occhi di nuovi prospect.