• Tutta l'Informazione Ninja nella tua mail

  • Code-switching fatigue sul lavoro: cos’è e come affrontarla senza perdere autenticità

    25 Giugno 2025

    L’inglese ha fatto il suo ingresso negli ambienti lavorativi di tutto il mondo con sorprendente naturalezza, diventando in molti casi la lingua di riferimento, soprattutto per indicare concetti specifici legati al business, alla tecnologia e alla comunicazione.

    Secondo un’analisi condotta da Babbel for Business e Openjobmetis sugli annunci di lavoro, l’inglese si conferma la lingua più richiesta: oltre il 75% delle posizioni analizzate ne richiede una buona conoscenza, con punte che superano il 90% nei settori del turismo, dell’information technology e del finance & banking. 

    In un contesto professionale sempre più internazionale, la capacità di praticare il code-switching diventa una competenza chiave per comunicare con efficacia e costruire relazioni di valore.

    LEGGI ANCHE: Formazione continua: la chiave per restare competitivi nel mondo del lavoro

    Code-switching fatigue: cos’è

    Ma cosa si intende con “code-switching”? Si tratta della capacità di alternare lingue, dialetti e stili comunicativi diversi con facilità e a seconda dell’audience a cui ci si rivolge. Nei contesti lavorativi internazionali, questi cambiamenti possono avvenire anche all’interno della stessa conversazione, tra i membri di un team multiculturale oppure nell’interfacciarsi con clienti all’estero in telefonate o riunioni.  

    Sebbene il code-switching possa rappresentare una risorsa strategica per i professionisti, facilitando l’adattamento e il successo in contesti lavorativi eterogenei, può al contempo risultare complesso e provocare “affaticamento” – la “code-switching fatigue”: questa pratica implica infatti un costante riadattamento del proprio modo di esprimersi, che può tradursi in una parziale rinuncia alla propria autenticità per conformarsi alla cosiddetta “cultura dominante” del posto di lavoro, ovvero quell’insieme di norme, valori, comportamenti e stili comunicativi considerati “standard” all’interno dell’organizzazione. 

    Forniamo una guida pratica per gestire questo fenomeno anche in ottica di inclusione sul posto di lavoro, fornendo suggerimenti utili per trasformare la “code-switching fatigue” in un’opportunità di crescita personale e professionale.

    I vantaggi del code-switching per le aziende

    Parlare la lingua del cliente non è solo una questione di comprensione: è una leva strategica per costruire fiducia, empatia e connessione.

    Secondo il report “Can’t Read, Won’t Buy” di CSA Research, condotto su un campione di 8.709 consumatori in 29 Paesi tra Europa, Asia, Nord America e Sud America, il 65% degli acquirenti online preferisce che le informazioni siano disponibili nella propria lingua madre, mentre il 40% afferma che non acquisterebbe mai da siti web in lingue diverse dalla propria.

    code-switching fatigue

    In questo scenario, disporre di un team capace di alternare con fluidità la propria lingua madre a quella del cliente – praticando il cosiddetto code-switching – può fare la differenza.

    Questa abilità non solo migliora la comunicazione, ma ha un impatto diretto sulla qualità della relazione commerciale, sul tasso di conversione e, soprattutto, sulla soddisfazione complessiva del cliente.

    LEGGI ANCHE: Solo il 21% delle persone ritiene che la propria azienda si prenda cura del suo benessere

    3 utili consigli sulla gestione della code-switching fatigue

    1. Riconoscere e legittimare l’espressione autentica

    Favorire ambienti di comunicazione meno performativi (come chat di team, momenti informali o riunioni interne) consente alle persone di esprimersi senza il filtro costante dell’adattamento.

    Il code-switching, infatti, è in parte un comportamento inconscio, ma può anche avere componenti intenzionali: ad esempio, una persona bilingue può scegliere di cambiare lingua per esprimere meglio un’emozione o un concetto difficile da tradurre.

    Riconoscere e valorizzare l’autenticità comunicativa dei dipendenti rafforza la cultura aziendale, promuove la diversità e incoraggia un clima di fiducia e rispetto reciproco.

    2. Coltivare una leadership multilingue e culturalmente competente

    Un team abituato a pensare e comunicare in più lingue ha una marcia in più. I professionisti bilingui sono spesso in grado di comprendere valori e concetti da prospettive diverse, facilitando la collaborazione e la mediazione culturale.

    Inoltre, saper cambiare codice linguistico può migliorare la comprensione e rafforzare i legami tra colleghi. Investire in formazione linguistica è quindi strategico: soluzioni come Babbel for Business offrono percorsi personalizzabili, flessibili e digitali per migliorare le competenze linguistiche del team senza vincoli logistici, contribuendo a costruire una leadership più aperta e internazionale.

    3. Promuovere una cultura linguistica realmente inclusiva

    Incoraggiare l’uso di più lingue in azienda, senza stigma o barriere, è un passo fondamentale. Questo può tradursi in segnaletica multilingue, documentazione accessibile e canali di comunicazione che permettano ai dipendenti di esprimersi nella lingua in cui si sentono più a proprio agio.

    Valutare la cultura organizzativa è altrettanto essenziale: molte aziende dichiarano di voler promuovere l’autenticità, ma in pratica possono creare pressioni implicite verso l’assimilazione a standard dominanti. È importante chiedersi: si stanno davvero valorizzando tutte le identità? Anche piccoli accorgimenti, come, per esempio, evitare linguaggio eccessivamente tecnico, accogliere accenti e modi di dire diversi, possono fare una grande differenza.

    È altrettanto fondamentale coltivare empatia nei confronti dei dipendenti che stanno ancora acquisendo padronanza di una nuova lingua.

    Può capitare che non riescano ancora a passare agevolmente da un registro all’altro, e che talvolta utilizzino espressioni che suonano in modo inconsueto o involontariamente brusco.

    Questi episodi, nella maggior parte dei casi, non sono indice di scortesia, ma rappresentano una fase naturale del percorso di apprendimento.