Daily Brief – Martedì 3 settembre 2024
“Outsiders”, perdenti che diventano vincenti: intervista ad Alfredo Accatino
Il Chief Creative Officer di Filmmaster Events, tra i top speaker di N-Conference il 27 e 28 maggio, racconta il riscatto degli artisti dimenticati
20 Aprile 2021

Perché “Outsiders”?
È un libro d’ispirazione: noi che facciamo un lavoro creativo possiamo riconoscere questi artisti che sono di grande talento. L’idea è quella di raccontare l’espressione artistica fregandosene dell’alto e del basso o delle categorie. Nel libro trovi scultori, pittori, fotografi, uno street artist, un video maker, un fumettista, una spogliarellista. Quello che voglio dire è che in realtà l’espressione artistica vive al di là della suddivisione in “arte bassa” e “arte alta”. L’altro aspetto molto curioso è la drammaticità della vita che questi artisti hanno dovuto affrontare: qualcuno si è autodistrutto, qualcuno è stato preso dalla follia, qualcuno è stato vittima della droga, qualcuno è stato deportato in un campo di concentramento, qualcuno è stato perseguitato. Nel primo libro racconto di un artista chiattone che è morto in pantofole…Alfredo, tu a quale di questi tanti artisti ti sei più affezionato?
Dick Ket aveva la sindrome delle “dita a bacchetta”, aveva un problema di circolazione sanguigna ed è stato costretto a vivere tutta la sua vita rinchiuso in casa. È morto giovane, a 38 anni, dentro un appartamento di 60 mq. Però, nonostante fosse prigioniero della malattia, non si arrese. Era ironico e, nella tragedia, ha continuato a credere nella vita e nei sogni. Scrisse barzellette fino alla sua morte. Aveva la gioia di vivere, nonostante quello che aveva passato. Io sono fissato con gli anni ’20 e ’30 quando, dopo la prima guerra mondiale, ci fu uno scoppio della vitalità. Nella Germania post bellica, la donna ottenne il suffragio universale. Si ebbe un’esplosione della libertà, anche sessuale. Se ci pensi, Esther, tutto quello che hai imparato della contemporaneità nasce proprio in quegli anni. Gli anni della Bauhaus, della diffusione dell’immagine, del cinema sonoro. Poi è arrivata la rivoluzione degli anni ’70. A me piace raccontare in ogni libro questa esplosione di cose diverse, da quello che vive sull’isola deserta, a quello che si sfonda di droga. Perché ognuno ha un suo mostro.Tu hai trovato un comune denominatore fra tutte queste storie, la ricetta che spiega chi è il vero “outsider”.
Il libro si sarebbe dovuto chiamare “Perdenti”. Perché gli outsider sono perdenti per definizione: nascono nei posti sbagliati, nei momenti sbagliati, alcune di loro nascono in nazioni con Lettonia, Lituania, Armenia. Ora tu capisci che, se nasci in Armenia, è tutto più difficile. Allo stesso tempo, altre volte, nascono nei posti ipercongestionati. Nascere a Parigi all’epoca dei grandi non è affatto una fortuna, perché sei divorato. Per esempio c’era María Blanchard: lei era deforme, però i suoi quadri cubisti erano straordinari. Era innamorata di Juan Gris: lui però è diventato un mito, mentre lei la conoscono in pochissimi. Non fa parte del mainstream. Quelli come María sono tutti dei perdenti: uno è perdente perché ha ucciso la moglie e l’amante per gelosia, uno perché si è suicidato. Però ognuno in questo percorso è riuscito a esprimersi. Tutti questi perdenti in realtà sono vincitori. È un po’ il desiderio dell’orgoglio. Ecco perché ho deciso di scrivere questo libro: come per riscattare tutti questi perdenti e metterli sul carro dei vincitori.