AI e risorse umane: come l’intelligenza artificiale sta tr...
Quanto consuma (e quanto inquina) davvero Bitcoin
Consumo di energia non è necessariamente sinonimo di inquinamento
20 Maggio 2021

Il consumo di energia non è equivalente alle emissioni di carbonio
Partiamo con una precisazione importante: consumo di energia non è sinonimo di inquinamento. C’è un’importante distinzione tra quanta energia consuma un sistema e quanto inquina. Infatti, mentre determinare il consumo di energia è relativamente semplice, non è possibile estrapolare un dato sulle emissioni di carbonio associate senza conoscere il preciso mix energetico, cioè la composizione delle diverse fonti di energia utilizzate dai computer che estraggono Bitcoin. Per fare un esempio abbastanza immediato, un’unità di energia idroelettrica avrà molto meno impatto ambientale della stessa unità di energia alimentata a carbone. Il consumo di energia di Bitcoin è relativamente facile da stimare: si può semplicemente considerare il suo hashrate (cioè la potenza di calcolo totale combinata usata per estrarre Bitcoin e processare le transazioni) e fare qualche ipotesi sui requisiti energetici dell’hardware che i miner usano. Ma le emissioni di carbonio sono molto più difficili da accertare, per diversi motivi: il mining è un business intensamente competitivo, e i minatori tendono a non essere particolarmente disponibili sui dettagli delle loro operazioni. Le migliori stime in merito provengono dal Cambridge Center for Alternative Finance, che ha lavorato con i principali pool minerari per mettere insieme un set di dati anonimizzato delle sedi dei miners.
Bitcoin può usare tipi di energia che altre industrie non possono utilizzare
Un altro fattore chiave che rende il consumo energetico di Bitcoin diverso da quello della maggior parte delle altre industrie è che Bitcoin può essere estratto ovunque. Quasi tutta l’energia usata nel mondo deve essere prodotta relativamente vicino ai suoi utenti finali. Il mining non ha questa limitazione: permette infatti ai minatori di utilizzare fonti di energia che sono inaccessibili per la maggior parte delle altre applicazioni. L’idroelettrico è l’esempio più noto. Nella stagione umida, in Sichuan e Yunnan, in Cina, enormi quantità di energia idroelettrica rinnovabile vengono sprecate ogni anno. In queste zone, la capacità di produzione supera di gran lunga la domanda locale e la tecnologia delle batterie è ben lontana dall’essere abbastanza avanzata da rendere conveniente immagazzinare e trasportare l’energia, da queste regioni rurali, ai centri urbani che ne hanno più bisogno. Queste regioni rappresentano, molto probabilmente, la più grande risorsa energetica potenziale del pianeta, e come tale non è una coincidenza che queste province siano il cuore dell’estrazione mineraria in Cina, responsabile di quasi il 10% dell’estrazione globale di Bitcoin nella stagione secca e del 50% nella stagione umida. Un’altra strada promettente per l’estrazione a zero emissioni è il gas naturale. Il processo di estrazione del petrolio, oggi, rilascia una quantità significativa di gas naturale come sottoprodotto: energia che inquina l’ambiente senza mai arrivare alla rete. Dal momento che è vincolato alla posizione di remoti giacimenti petroliferi, la maggior parte delle applicazioni tradizionali sono state storicamente incapaci di sfruttare efficacemente questa energia. Ma i minatori di Bitcoin, dal Nord Dakota alla Siberia, hanno colto l’opportunità di monetizzare questa risorsa altrimenti sprecata, e alcune aziende stanno anche esplorando modi per ridurre ulteriormente le emissioni bruciando il gas in modo più controllato. I calcoli a ritroso, suggeriscono che ci sarebbe abbastanza gas naturale bruciato solo negli Stati Uniti e in Canada per far funzionare l’intera rete Bitcoin. Ad essere onesti, la monetizzazione del gas naturale in eccesso con Bitcoin crea ancora emissioni, e alcuni hanno sostenuto che la pratica agisce invece come un sussidio all’industria dei combustibili fossili, incentivando le aziende energetiche a investire di più nell’estrazione del petrolio di quanto accadrebbe altrimenti. Ma il flusso di denaro che possono garantire i miner di Bitcoin è una goccia nel mare rispetto alla domanda di altre industrie che dipendono dai combustibili fossili, e questa domanda esterna è improbabile che scompaia presto. Considerata però la realtà dei fatti, cioè che il petrolio continuerà a essere estratto per il prossimo futuro, sfruttare un sottoprodotto naturale del processo (e potenzialmente anche ridurre il suo impatto ambientale) è un fattore comunque nettamente positivo. LEGGI ANCHE: Cos’è BitClout, il crypto social network che quantifica il tuo valore in criptovalutaAltre fonti energetiche che possono essere sfruttate da Bitcoin
È interessante notare che l’industria che si occupa della fusione dell’alluminio offre un parallelo sorprendentemente rilevante. Il processo di trasformazione del minerale naturale di bauxite in alluminio utilizzabile è altamente energetico e i costi di trasporto dell’alluminio spesso non sono proibitivi, quindi molte nazioni con un surplus di energia hanno costruito fonderie per sfruttare le loro risorse in eccesso. Regioni con la capacità di produrre più energia di quella che potrebbe essere consumata localmente, come l’Islanda, il Sichuan e lo Yunnan, sono diventate esportatrici nette di energia proprio grazie alla produzione di alluminio. Oggi, le stesse condizioni che hanno incentivato quegli investimenti hanno reso queste località opzioni primarie per l’estrazione di Bitcoin. Ci sono anche un certo numero di ex fonderie di alluminio, come l’impianto idro Alcoa di Massena, NY, che sono state direttamente riconvertite in miniere di Bitcoin.
Estrarre Bitcoin consuma molta più energia che usarlo
Il modo in cui l’energia viene prodotta è solo un pezzo dell’equazione. L’altro aspetto su cui circolano informazioni poco precise o fondamentalmente errate è il modo in cui l’esistenza dei Bitcoin consuma effettivamente energia e i cambiamenti che possiamo prevedere nel tempo. Da molte voci si sente parlare dell’alto “costo energetico per transazione” di Bitcoin, ma questa metrica è fuorviante. La maggior parte del consumo energetico di Bitcoin avviene durante il processo di estrazione. Una volta che le monete sono state emesse, l’energia richiesta per convalidare le transazioni è minima. Stimare il consumo totale di energia di Bitcoin fino e dividerlo per il numero di transazioni non ha senso: la maggior parte di quell’energia è stata utilizzata per estrarre i Bitcoin, non per supportare le transazioni. E questo ci porta all’ultimo malinteso critico: che i costi energetici associati all’estrazione di Bitcoin continueranno a crescere esponenzialmente.Una crescita incontrollata è improbabile
Poiché l’impronta energetica di Bitcoin è cresciuta così rapidamente, la preoccupazione principale è che, con una rapida diffusione, il consumo e l’impatto ambientale possano aumentare considerevolmente. Questa era infatti la premessa di uno studio del 2018, ampiamente riportato e recentemente citato dal New York Times, secondo il quale il sistema Bitcoin potrebbe causare il riscaldamento del Pianeta di ben due gradi Celsius. Ci sono buone ragioni per credere che questo non accadrà. In primo luogo, come è diventato comune in molte industrie, il mix energetico di Bitcoin diventa meno dipendente dal carbonio ogni anno. Negli Stati Uniti, i miner sempre più focalizzati sull’ESG (Environmental – Social – Governance) hanno guadagnato quote di mercato e la Cina ha recentemente vietato l’estrazione a base di carbone nella Mongolia Interna, una delle più grandi regioni ancora ricche di carbone. Allo stesso tempo, molte organizzazioni all’interno dell’industria mineraria hanno lanciato iniziative come il Crypto Climate Accord, ispirato all’accordo sul clima di Parigi, per sostenere e impegnarsi a ridurre l’impronta di carbonio di Bitcoin. Inoltre, dato che le opzioni rinnovabili come l’energia solare diventano più efficienti e, di conseguenza, più accessibili per il mining, Bitcoin potrebbe trasformarsi in un serio incentivo a costruire queste tecnologie.
Il dietro-front di Elon Musk
Il technoking di Tesla, Elon Musk, è stato per molto tempo un accanito sostenitore di Bitcoin, sottilineando a più riprese l’aspetto innovativo delle cripto valute e la loro importanza nelle transazioni economiche. Era riuscito spesso, con poche parole in diversi tweet, a condizionare lo scambio della moneta e di tutto il settore crypto sostenendo questa o quella criptovaluta. Naturalmente, la più famosa tra queste, Bitcoin appunto, ne aveva beneficiato molto più di altre, raggiungendo un picco di oltre 60.000 dollari a marzo. La moneta ha sempre vissuto condizionata da un’alta volatilità e le dichiarazioni di personaggi influenti sono sempre state in grado di condizionarne l’andamento. Ora però, sembra aver cambiato rotta, almeno per quanto riguarda Bitcoin, convinto proprio dall’eccessivo consumo energetico che il mining della moneta in questione comporterebbe.Nel mese di febbraio aveva suscitato molto scalpore la mossa dell’azienda di auto elettriche di acquistare l’equivalente di circa 1,5 miliardi di dollari in Bitcoin. All’annuncio, era poco dopo seguita la dichiarazione a detta della quale, Tesla avrebbe permesso di comprare i suoi veicoli in Bitcoin, o altre valute digitali, accumulandoli in un tesoretto da non convertire in valuta FIAT.Tesla & Bitcoin pic.twitter.com/YSswJmVZhP
— Elon Musk (@elonmusk) May 12, 2021
Ora il passo indietro: Tesla non accetterà più pagamenti in Bitcoin. Come prevedibile, l’annuncio ha provocato un terremoto: prima dell’annuncio, il valore di Bitcoin era di 54.700 dollari. Ha poi iniziato a precipitare, condizionato anche dai rumors provenienti dalla Cina per sprofondare, al momento in cui scriviamo, intorno ai 30.000 dollari. La caduta ha trascinato con sé tutte le sorelle minoriYou can now buy a Tesla with Bitcoin
— Elon Musk (@elonmusk) March 24, 2021