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La Bettinostalgia e quella voglia di revival. Intervista non conforme a Stefania Craxi
Che succede se i più giovani in rete parlano di Hammamet? Amore e memoria, revisionismo e cultura POP
10 Marzo 2020

Chi balla alle serate revival
È strano quanto gli anni ’80 facciano presa sulle generazioni più giovani: tra feste, disco ottanta, musica e abbigliamento vintage sembra che quel decennio sia ancora in mezzo a noi, o stia dispettosamente tornando per spazzare un po’ la nebbia di pessimismo dei nuovissimi anni ‘20. Come me in tanti avranno ricercato le parole di questa storia; per scoprire una tendenza adesso si googola, ma cosa ricercano gli italiani a 20 anni dalla morte di Craxi? Ci viene in aiuto uno studio che ha realizzato in esclusiva per Ninja Helene Pacitto, CEO di Identità Digitale. Il “themecloud” Bettino Craxi ci mostra che, nonostante tutto, nelle ricerche non ci sono parole negative come “tangentopoli”, “ladro” o “latitante”. I termini più ricercati non solo riguardano il film, ma anche la figura di politico, leader, socialismo, potere. Come se la comunicazione attuale avesse reso desueti certi vocaboli, e necessaria la loro ricerca sul dizionario della rete.
Giovani craxiani
Chiedo a Stefania se suo padre fosse una sorta di icona POP e come quella serietà nei modi, nel parlare, nell’agire si potesse conciliare con un decennio passato alla storia per la “superficialità”. «Non erano anni superficiali», mi risponde un po’ piccata, «Le persone reagivano alle difficoltà degli anni ’70, dove la gente rimaneva uccisa o gambizzata per strada ogni giorno». «Mio padre non era una rockstar, non amava la ribalta scanzonata: ricordo quella volta che concesse un’intervista a Fabrizio Frizzi, ma che fatica per convincerlo». I dati demografici del film Hammamet, riguardo le conversazioni in rete, ci mostrano una realtà sorprendente: la gran parte delle interazioni riguarda una fascia d’età particolarmente giovane, mentre è quasi irrilevante per chi quell’epoca l’aveva vissuta direttamente.

La sindrome dell’età dell’oro
La “sindrome dell’età dell’oro” è la convinzione che i tempi che viviamo siano peggiori dei decenni passati che non abbiamo invece vissuto. Una proiezione romantica di desideri, come in Midnight in Paris di Woody Allen, dove il protagonista si trova proiettato in quella Parigi degli anni venti che aveva sempre sognato. È irrazionale avere nostalgia di un l’Italia più prospera? «I ragazzi di oggi hanno nostalgia di un’epoca che non hanno vissuto, ma è stata loro raccontata, magari dai genitori». Stefania difende il passato, che sotto sotto crede sia migliore del presente. Del futuro, alla fine, parliamo poco. «Durante la Prima Repubblica in Italia c’era speranza». La narrazione attuale dice anche che i figli non saranno più all’altezza dei loro genitori, specialmente a livello economico. «Ma no, è un’altra falsità. La mancanza di speranza è in realtà nostalgia del passato, ma non si deve permettere che diventi anche nostalgia del futuro». Un futuro che ci sembra impossibile da realizzare. «Esattamente, la memoria del passato deve essere di stimolo al domani, per fare ancora meglio».Se Twitter fosse esistito ai tempi di mani pulite
Se ci fossero stati i social media le cose sarebbero andate in maniera diversa? Stefania non è divertita dalla domanda, ma forse sono riuscito a incuriosirla. «Probabilmente mio padre, Craxi, si sarebbe potuto difendere meglio da quelle che chiamiamo oggi fake news, che prima erano solo fango gettato addosso. Che poi, magari non si sarebbe difeso lui, ma insomma sai come funziona: si sarebbe creato un dibattito, si sarebbe potuto rispondere, i giornali non sarebbero stata l’unica fonte di informazione. La gente avrebbe detto la propria…» Ancora una volta la comunicazione poteva essere elevata a contenuto e la storia, forse, sarebbe cambiata almeno un po’. Stefania non è tipa da ucronia, alla fiction preferisce la realtà: cosa succede, cosa succederà. Specialmente cosa è successo. Non ha una cotta per il futuro, nemmeno io. Andiamo d’accordo, ma non glielo dico e proseguo ad ascoltarla. Mi chiede di darle del tu, le spiego che non sono un liceale, che ho una bimba, che avrei tante cose da chiederle, che sarei curioso di sapere cosa ci si ricorda di più del proprio padre, se c’è un momento preciso in cui una figlia la conquisti totalmente, e per sempre. Non glielo chiedo ma finalmente la faccio ridere un po’ (con le domande sul debito pubblico avevo rischiato parecchio). Le rammento i ragazzi che si mettono le t-shirt di Pertini, e conveniamo che la gran parte di loro nemmeno sa chi sia. Leggendo i dati della nostra ricerca mi immagino i gadget di Bettino. Eppure, troppi indizi mi fanno pensare che c’è qualcosa, in questa popolarità, di dannatamente attuale: il revival, l’amore per un decennio così “spensierato”, il ritorno del desiderio di un uomo forte e decisionista, il “sovranismo” anti-litteram che nelle bacheche torna con la celebre immagine di Sigonella (quando i carabinieri accerchiarono la Delta Force).Achille Lauro per noi vs. Achille Lauro per voi
A proposito di Sigonella, circola un meme sui social, lanciato dalla pagina “Il sovranista”, che fa un divertente paragone tra Achille Lauro (il cantante) in tutina a Sanremo 2020 e la tragica vicenda dell’Achille Lauro, che si concluse appunto a Sigonella, vicenda di cui Craxi fu indiscusso protagonista e decisore.

Sentimenti craxiani
Bettino Craxi muore ad Hammamet 20 anni fa, il 19 Gennaio del 2000. Luigi Di Maio, attuale Ministro degli Esteri, registra 131 mila menzioni nella rete negli ultimi mesi. Nulla di strano se si pensa al suo ruolo politico e all’uso attuale della rete. La ricerca sul sentiment “craxiano” che abbiamo commissionato ci rivela tuttavia un dato sorprendente: «Bettino Craxi» è citato circa 14 mila volte e registra un sentiment positivo al 42,1%, maggiore del 4,2% in comparazione con Di Maio.