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Come la tecnologia ci rende più creativi e cosa significa per i brand
Scopriamo, attraverso la riflessione di Abigail Posner, in che modo i nostri dispositivi ci aiutano oggi a realizzare noi stessi in un confronto continuo anche attraverso i social media
10 Aprile 2019


Dispositivi, app e contenuti
Per capire meglio cosa si intende quando si parla di una “tecnologia creativa e umana”, possiamo ricorrere ad un esempio. Per lanciare l’album di Bob Dylan Tempest è stata creata un’app che permetteva di sbloccare contenuti quando ci si trovava in luoghi significativi per la vita dell’artista. Questo tipo di approccio ai luoghi si chiama Place Making e significa associare un valore, un significato, delle emozioni, delle sensazioni a un luogo, facendo sì che questo posto rappresenti qualcosa e la possibilità di legare contenuti ai luoghi nasce grazie a un’app, chiamata Field Trip, che riconosce questo valore e permette di aggiungere un significato ai posti fisici, spiega Abigail Posner. LEGGI ANCHE: I Big Data non sono la risposta a tutto: i bisogni più profondi dei consumatori sono svelati dagli Small Data Ma potremmo andare oltre e fermarci a riflettere: come mai siamo così legati nella quotidianità al nostro smartphone? In realtà, non siamo legati all’oggetto in sé, ma alla funzione che questi svolgono nelle nostre vite. I nostri dispositivi ci permettono di usare ovunque i social media, consentendoci a tutti gli effetti “di stare contemporaneamente in tantissimi luoghi, dove è possibile condividere opinioni, proporre e ottenere osservazioni e reazioni, scambiare idee. E attraverso questo scambio si impara qualcosa in più su se stessi, suoi luoghi in cui si vive”. In altre parole potremmo dire che costruiamo noi stessi attraverso gli altri, spiega Abigail Posner.
Il linguaggio emozionale della tecnologia
Ma c’è anche un altro motivo per cui i social media sono così popolari: ci offrono, infatti, “un nuovo tipo di linguaggio, attraverso emoticons, GIF e video. Un linguaggio molto più espressivo, molto più emozionale“. Come esseri umani siamo vulnerabili e in luoghi come i social network, dove ci è consentito il dibattito, possiamo attivare “il processo di self-making”. Per questo l’interdipendenza tra noi e gli altri è diventata fondamentale. Cosa significa questo per i brand maker? “Un’azienda deve realizzare che questo è uno spazio di connessione umana e deve iniziare a parlare non più come compagnia o logo che promuove qualcosa, ma come un individuo“. Diventa fondamentale oggi, anche per i brand, considerare i social media come luogo di dibattito e di crescita. Uno spazio in cui mettere alla prova i propri consumatori ma anche mettere in discussione anche il brand stesso, che deve essere in grado di parlare in maniera umana e mettersi in gioco. “Quando pubblichiamo qualcosa sui social media non scegliamo immagini che rappresentino la nostra realtà quotidiana, ma quelle che la mettano in mostra con una luce diversa. Perché? Da sempre l’uomo indaga sul senso della vita e da sempre le risposte sono state cercate nella propria quotidianità, per mostrare a noi stessi che la nostra normalità è piena di bellezza e novità. Vogliamo rendere la nostra normalità speciale, talvolta migliore di ciò che è realmente. Come brand, se offriamo positività al cliente ci tornerà indietro energia positiva, si creerà un legame con i clienti fatto di sensazioni positive”.