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Come trasformare la Settimana del lavoro agile in un vero cambiamento
È la Settimana del Lavoro Agile, dal 20 al 24 maggio 2019: ecco come farne buon uso
21 Maggio 2019

Le iniziative principali della Settimana del Lavoro Agile

Un problema di cultura aziendale
Infine c’è “Sperimenta il lavoro agile”, l’iniziativa che incentiva una qualche forma di lavoro da remoto durante uno o più dei 5 giorni lavorativi di quella settimana. Un’attività che rischia di lasciare il tempo che trova, specie se rimane relegata a questa settimana di sperimentazione quasi giocosa, in cui tutto è concesso perché “tanto dura solo 5 giorni”. Come abbiamo già detto in passato in un altro approfondimento, il lavoro da remoto deve essere l’ultimo step di un processo complesso. Andando a lavorare sull’azione finale (il lavoro da remoto) invece che sul processo (tecnologico, di HR, di spazi) si rischia di saltare le tappe. E soprattutto di ignorare il problema principale: la cultura aziendale. Ben venga quindi questa Settimana per sperimentare e “giocare” allo smart working, ma se vuoi che la tua azienda sia davvero all’avanguardia, allora dovresti prendere spunto da questo evento per iniziare a fare le cose in maniera diversa. Parti dal vero scoglio, il più sensibile e difficile da superare: la cultura della tua azienda. E stai pronto a metterti in discussione, perché potresti renderti conto che la mentalità da cambiare è proprio la tua.
Smart working oltre la Settimana del Lavoro agile 2019: dalla cultura all’azione, e non viceversa
Il lavoro da remoto, nello smart working, dovrebbe essere l’ultimo tassello di un lungo e complesso puzzle. In questo senso è la normativa stessa ad essere limitata (e limitante), quando si riferisce al lavoro agile come “modalità di lavoro subordinato […] basata sulla flessibilità di orari e di sede”. Questa definizione non va ad analizzare le motivazioni, che sono la cosa più importante: perché le risorse dovrebbero aver bisogno di flessibilità di orari e di sede? Perché, da una parte, ciascuno lavora in modo diverso: i carichi di lavoro non si concentrano in maniera uguale nelle giornate, ma hanno picchi. Allo stesso modo, ognuno ha una vita diversa, che include molte attività oltre al lavoro; riuscire a bilanciarle tutte, a renderle equilibrate senza impazzire, significa work-life balance. E infine perché la tecnologia lo ha reso perfettamente fattibile, anzi, addirittura più conveniente.Digital revolution e responsabilizzazione delle risorse
Elargire libertà in termini di orari e luoghi, senza dare ai dipendenti gli strumenti giusti per poterla gestire, può però essere la ricetta perfetta per il disastro. Una situazione che rischia di creare maggiore stress, minore produttività e, soprattutto, caos nell’attribuzione di meriti e responsabilità. Si tratta invece di un processo complesso, che dovrebbe invece andare ad abbracciare tutta l’azienda nei suoi vari componenti, per poi culminare infine nel lavoro da casa. Il primo step è certamente quello digitale. La tecnologia è l’input principale dello smart working, perché permette di accorciare le distanze, di rimuovere il vincolo della presenza. Senza la digitalizzazione dell’archivio e dei documenti utili per il lavoro, lo smart worker non andrà lontano. Una precisazione: smart working non è l’obbligo di lavorare da casa, bensì è la libertà di poter scegliere; se non hai riunioni o attività che necessitino della tua presenza, puoi lavorare da casa o da un co-working o dal bar sotto casa; se invece ti trovi meglio a svolgere determinate attività in ufficio, questo dovrebbe essere pronto ad accoglierti. Così l’ufficio riscopre la propria utilità: si ridimensiona in termini di spazi e tempi, ma mantiene la sua naturale centralità come luogo aggregante e produttivo.