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Viva il Doge! Ecco chi è l’uomo che vuole l’indipendenza di Venezia
Abbiamo incontrato Albert Gardin, auto-proclamato 121° Doge della Serenissima. Tra revanscismo antinapoleonico e tabarri, sognando un'Europa dove comanda San Marco e non Bruxelles
31 Ottobre 2019
- Il veneziano Albert Gardin si è auto-proclamato il 121° Doge della Serenissima
- Nel 2018 Gardin ha protestato all’interno del museo del Louvre, chiedendo la restituzione dell’opera “Le Nozze di Cana” per riportarla nella parete del refettorio del Palladio
- Gardin ora punta a far proclamare Venezia come Capitale dell’Europa 2.0

Il 121° Doge di Venezia
Nel 1779 Ludovico Manin abdicò tra tumulti, qualche vittima, arresti e i famosi cannoni sul ponte di Rialto. Erano a migliaia i soldati di Napoleone pronti ad entrare e all’ultimo Doge non restava che prenderne atto. Venezia non aveva più la forza di un tempo, quella forza così ben rappresentata da Palazzo Ducale, privo di fortificazioni ma ricco di ornamenti. Un balletto di pizzi e finestre orientali che guarda un po’ smargiasso in direzione dell’Adriatico: provate a prendermi, se ci riuscite. L’elezione del Doge avveniva dopo una serie di procedure talmente lunghe e farraginose da fare impallidire qualsiasi legge elettorale attuale. Ma nel 2016 le cose andarono diversamente. A ottobre Gardin, assieme a un drappello di fedelissimi, entrava in Palazzo Ducale (facendo il biglietto!) e in quattro e quattr’otto metteva in scena una versione semplificata della cerimonia di investitura; la DIGOS (dimostrando ben poco romanticismo) intervenne sgomberando l’adunata, ma ormai era troppo tardi: il 121° Doge era stato eletto!



La solitudine del Veronese
Si dice che la domanda più frequente dei visitatori del Louvre sia: dov’è la Gioconda? Tuttavia, nella stessa sala dove tutti passano per adempiere a uno di quei tributi da raccontare a casa, c’è un altro dipinto. Tanto il capolavoro di Leonardo è piccolo e affollato, tanto l’enorme tela de le Nozze di Cana del Veronese è poco considerata. Nel 2018 Gardin e altri “venetisti” mettono in scena un vero e proprio picchetto di protesta all’interno del museo, chiedendo la restituzione dell’opera. Sì, perché una delle battaglie del Doge è riportare Le Nozze di Cana dov’era e com’era: ovvero nella parete del refettorio del Palladio sull’isola di San Giorgio Maggiore.
Per terra e per mar
Il messaggio è così difficile da far passare? «Le persone sono ubriacate e stordite dalla propaganda nazionalista. Hanno permesso l’annessione di San Marco all’Italia, ci hanno fatto perdere la memoria di chi eravamo». Continua Gardin, che sostiene che i veneti discendano dai troiani. «Immaginati la Repubblica di Venezia oggi, con la sua storia e la forza di allora: sarebbe competitiva in tutto il mondo. Per questo proponiamo una federazione europea che possa mediare tra Occidente e Russia». La capitale di questa Europa 2.0? Naturalmente Venezia. Albert è un uomo colto e lucido nelle sue idee, la frustrazione di non vederle andare mainstream si legge un po’ dal suo sguardo malinconico e alla sua camminata a testa bassa. Come si comunicano certe idee? «Sensibilizzando le persone. Sono schiavi e non se ne accorgono, vogliamo risvegliare le coscienze. Vorrei anche stampare delle t-shirt a tema religioso». Posso scattarti due foto? Il sole è alto su San Polo e Albert non sembra un turista. Ci congediamo, mi regala una cartolina con il suo ritratto e io gli chiedo una dedica per la redazione di Ninja Marketing. Magari un giorno varrà qualcosa. Al parcheggio di piazzale Roma apro il portafoglio e vedo la mia brutta patente italiana e sì, un Leone di San Marco sopra non ci starebbe per nulla male.