Leadership Forum 2024: tutti gli interventi dei relatori internazionali
«Scrivere noi gli algoritmi, invece di essere dominati da USA e Cina». Intervista ad Alec Ross
22 Maggio 2025
Il 13 e 14 maggio, la Fiera di Milano Rho ha ospitato la nuova edizione di AI Week, il più grande evento europeo dedicato all’intelligenza artificiale. Un appuntamento che ha richiamato oltre 17.000 partecipanti, 250 speaker internazionali e più di 170 aziende del settore tech. I temi al centro dell’edizione 2025 sono stati l’AI generativa, la privacy-by-design, l’intelligenza artificiale decentralizzata e le nuove applicazioni nel campo sanitario, industriale e creativo.
La manifestazione si è articolata in 10 palchi tematici tra keynote, workshop e demo live, oltre a giornate di formazione online prima e dopo l’evento fisico.
Tra gli ospiti più attesi: Zack Kass (ex OpenAI), Maja Pantic (ex Meta), Rory Flynn (Midjourney), Abran Maldonado e Paolo Ardoino e Alec Ross.
Cosa ha detto Alec Ross ad AI Week
Durante il suo intervento sul Main Stage, Ross ha affrontato temi cruciali legati all’intelligenza artificiale, sottolineando l’importanza di un’adozione consapevole e responsabile delle nuove tecnologie. Ha evidenziato come l’IA stia trasformando settori tradizionali e ha messo in guardia contro i rischi di una regolamentazione eccessiva che potrebbe ostacolare l’innovazione.
Una delle sue affermazioni più provocatorie è stata: “La vera minaccia non è l’intelligenza artificiale, ma la stupidità naturale“, sottolineando la necessità di investire nell’educazione e nel pensiero critico per affrontare le sfide poste dall’IA.
La partecipazione di Ross ha contribuito a stimolare un dibattito vivace sull’equilibrio tra innovazione tecnologica e regolamentazione, rendendo il suo intervento uno dei momenti salienti dell’AI Week 2025.
Qualche info su Alec Ross
Alec Ross è uno dei massimi esperti internazionali di innovazione tecnologica, geopolitica digitale e intelligenza artificiale. È stato Senior Advisor for Innovation presso il Dipartimento di Stato americano sotto Hillary Clinton, durante l’amministrazione Obama, dove ha guidato progetti strategici sull’uso delle tecnologie emergenti — tra cui AI, cybersecurity e open data — per rafforzare la diplomazia e promuovere la libertà digitale nei paesi autoritari.

Già membro del team della campagna presidenziale di Barack Obama nel 2008, Ross ha contribuito a definire la visione digitale dell’amministrazione, ponendo le basi per politiche pubbliche incentrate su Internet e sull’innovazione.
È autore del bestseller internazionale “The Industries of the Future”, in cui esplora come tecnologie come l’intelligenza artificiale, la robotica, la genomica e i Big Data stiano trasformando l’economia globale e il mondo del lavoro. Nel suo libro più recente, “The Raging 2020s”, analizza l’impatto sociale delle grandi aziende tech e la necessità di nuovi equilibri tra stato, mercato e cittadini nell’era digitale.
Oggi Alec Ross insegna politica dell’innovazione alla Columbia University ed è consulente per governi, aziende e organizzazioni internazionali. I suoi interventi aiutano a comprendere il ruolo trasformativo dell’AI e delle tecnologie avanzate nei settori economici, nei sistemi politici e nelle relazioni internazionali.
Ad AI Week 2025 ho incontrato Alec. Con il suo consueto stile diretto e provocatorio, mi ha raccontato la sua visione sull’intelligenza artificiale: non come forza inarrestabile, ma come terreno di scelta umana. Secondo lui, saremo noi a decidere se diventare maestri o schiavi di questa rivoluzione.
Abbiamo parlato di geopolitica del potere tecnologico, del ruolo marginale dell’Europa, del peso della regolamentazione e della necessità, urgente, di investire nella formazione.
Ecco come ha risposto alle mie domande
L’AI è un’estensione delle nostre capacità umane o una forza inarrestabile che tenderà a sostituirle?
Io penso sarà una nostra decisione se le macchine diventeranno più simili agli esseri umani e gli umani, invece, alle macchine.
Le persone devono essere maestre di questi cambiamenti tecnologici e gestirli.
Ma da chi saranno gestiti? Dagli americani, dai cinesi o anche dagli europei e dagli italiani, nello specifico?
Sono ottimista sull’integrazione dell’Intelligenza Artificiale, ma abbiamo bisogno di interrompere questa regolamentazione esagerata e iniziare a “inventare noi” gli strumenti tecnologici.
L’Intelligenza Artificiale quindi può cambiare la geografia del potere tecnologico, che in passato era concentrata geograficamente come nella Silicon Valley?
Adesso c’è un po’ di eterogeneità. Lo sviluppo tecnologico avviene principalmente nei Stati Uniti e in Cina e poi ci sono Paesi nel Golfo, l’India e altri che sono rilevanti.
Dovremmo augurarci che l’Europa diventi più rilevante: in questo momento l’Europa è rimasta in serie B dal punto di vista dello sviluppo di queste tecnologie, ma i talenti li abbiamo.
L’eccessiva regolamentazione in Europa e in Italia ha creato un “design pieno di sassi” che vanno a finire sulle spalle degli imprenditori e sulle piccole e medie imprese italiane.
In contrapposizione all’intelligenza artificiale, la “deficienza naturale” è proprio dei regolatori, che creano delle difficoltà per lo sviluppo di queste tecnologie in Europa e lo lasciano ai americani, cinesi ed altri.

E qual è il rischio concreto di questo atteggiamento?
In sostanza, essere colonizzati dagli americani e dai cinesi. Negli ultimi 30 anni, dei 196 paesi sovrani nel mondo, l’Italia è stata nel 182° posto dal punto di vista della crescita del PIL composto, ed è imbarazzante e il pericolo è che accada lo stesso nei prossimi 30 anni.
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E per quanto riguarda le persone? Come dovrebbero comportarsi per non essere “passive” ma partecipi della rivoluzione AI?
Formazione. Apprendimento. Si deve studiare.
In Cina lo fanno già dalle scuole elementari, ormai…
Sì, sì, in realtà quasi ovunque, ma sì, dobbiamo abbracciare la tecnologia ed essere i maestri di questi cambiamenti invece di schiavi dello sviluppo: scrivere noi gli algoritmi, invece di esserne dominati.