Daily Brief – Mercoledì 5 marzo 2025
L’arte dopo il Covid. Abbiamo chiesto a Ennio Finzi cosa ne sarà
Lo spazialismo? Morto con Fontana (ma ho dubbi che sia mai esistito)
31 Luglio 2020


Parliamo d’arte
La definiscono “l’ultimo degli spazialisti”, qual è l’eredità di Fontana e di quel gruppo a cui lei si era avvicinato così giovane? «Mi chiamano così, “l’ultimo degli spazialisti”, ma le rivelo un segreto: in realtà non ho mai preso direttamente parte allo Spazialismo, nel senso che non ho firmato i suoi manifesti. Ma li frequentavo, eccome: negli anni cinquanta ho preso parte alle mostre collettive alla Galleria del Cavallino di Carlo Cardazzo, che era il centro di diffusione dello spazialismo. Lo spazialismo è un termine troppo generico e inclusivo. Anzi, sa cosa le dico? Lo Spazialismo è stato solo Fontana, punto». Cosa ne pensa di questo periodo così particolare della nostra storia e della limitazione alle libertà individuali sorte come conseguenza del Covid? «Non ho mai vissuto un periodo così fortemente alimentato dalla paura, nemmeno durante la guerra c’era questa sensazione di desolazione, nemmeno allora le attività umane vennero sospese. Fuori si combatteva ma le gente continuava a lavorare e vivere». Con quale artisti del passato veneziano sente un legame empatico? «La lezione fondamentale rimane quella di Emilio Vedova, la sua gestualità dirompente e l’energia che percepisci addosso quando sei davanti a una delle sue tele. Sul piano più concettuale e culturale Virgilio Guidi ha rappresentato per la mia generazione il vero riferimento. Guidi era un maestro, non tanto sul piano compositivo quanto piuttosto per le sue idee, per la sua fenomenologia della luce, per la sua grande cultura e per la modernità che sapeva ispirare la sua pittura, sempre diversa, sempre tesa a rinnovare se stessa».

