L’attivista Jason Y. Ng ci ha raccontato retroscena e possibili sviluppi della protesta di Hong Kong
La libertà ha un prezzo e la gente di Hong Kong lo sa bene. Tra violenze e soprusi, i manifestanti sognano un futuro di libertà. Nel silenzio assordante dei Paesi occidentali, preoccupati più degli affari con Pechino che dei diritti civili
28 Novembre 2019
«La vittoria schiacciante del fronte pro-democrazia dovrebbe costringere il governo di Hong Kong a fare qualche esame di coscienza e a trovare il modo di venire incontro alle richieste dei manifestanti».

I am very excited to publish my first book with @jasonyng in English, Unfree Speech. It is an important and urgent manifesto for global democracy. https://t.co/avubIgg3gH” pic.twitter.com/uGprtzmwoF
— Joshua Wong 黃之鋒 😷 (@joshuawongcf) 4 novembre 2019
La posizione del governo cinese
Jason, quali pensi che saranno le prossime mosse della Cina, arrivati a questo punto? «Il Capo Esecutivo Carrie Lam ha già ammorbidito la sua posizione sull’istituzione di una commissione indipendente per indagare sui comportamenti illeciti della polizia, una delle cinque richieste del movimento di protesta».
- Il ritiro della legge sull’estradizione (se applicata, avrebbe permesso di fatto la deportazione in Cina dei prigionieri politici).
- Il bando del termine “rivoltosi” per indicare i manifestanti.
- La caduta delle accuse contro i manifestanti.
- L’avvio di un’indagine indipendente sulle violenze della polizia.
- L’attuazione di un vero suffragio universale sia per il Consiglio Legislativo che per il Capo Esecutivo. Solo per il primo è prevista una (parziale, al 50%) elezione democratica dei membri. Il Capo Esecutivo è tuttora scelto direttamente da Pechino.

Il ruolo dell’Occidente
Qual è il ruolo dell’Occidente in questa crisi? Pensi vi sia una mancanza di coraggio nel non prendere una vera e propria posizione in difesa dei diritti di Hong Kong? «Noi hongkonghesi non siamo ingenui. Sappiamo che il supporto internazionale va e viene, a seconda dell’esposizione mediatica. Il sostegno da parte dei governi stranieri è ancora più sfuggente e spesso dipende da calcoli geopolitici ed economici. Detto questo, la presentazione dell’Hong Kong Human Rights and Democracy Act che è stato appena approvato dal Congresso degli Stati Uniti ed è ora è in attesa della firma di Trump, è una notizia davvero importante, non solo a livello simbolico. Se il Regno Unito e altri governi seguiranno le orme di Washington e voteranno delle sanzioni contro i funzionari del Governo di Hong Kong, sarà un modo per dare grande impulso al nostro movimento per la democrazia». La recente presa di posizione americana fa tirare un sospiro di sollievo ai manifestanti, lasciandoli meno soli. Il sostegno alla mozione è venuto sia da parte repubblicana che democratica, lasciando a Trump l’ultima parola, in un periodo delicato di negoziazione di importanti accordi commerciali. Il Presidente ha assicurato il proprio sostegno alla gente di Hong Kong e ha firmato la legge pro-manifestanti, mandando su tutte le furie Pechino.Trump signs bill backing Hong Kong protesters into law, in spite of Beijing’s objections https://t.co/Ij4jUhjVgN
— CNBC Now (@CNBCnow) 27 novembre 2019
This is a win for freedom and democracy over those who seek to silence and suppress. The people of Hong Kong have spoken. America stands with #HongKong. https://t.co/dBHu2FfFsO
— Senator Ted Cruz (@SenTedCruz) 26 novembre 2019
For months, the people of Hong Kong have taken to the streets to stand up for their rights. This weekend, they went to the ballot box and sent the powerful message that they want to keep their democracy—and Beijing must respect that. https://t.co/tEvUKsz0zu
— Elizabeth Warren (@ewarren) 24 novembre 2019
Il volto umano della protesta
Cosa ci sai dire del computo delle vittime della repressione? «Ci sono molte voci sui social media riguardo ai manifestanti che vengono portati in Cina o perfino uccisi dalla polizia e poi travestiti da suicidi. Alcuni di queste voci sono solo disinformazione, smentite dai siti di verifica dei fatti, mentre altre potrebbero essere vere, se sottoposte ad ulteriori indagini. Al di là dei numeri, queste voci evidenziano non solo la profonda sfiducia che corre tra i cittadini e il Governo ma anche la paura che si ha del regime comunista cinese: con tutto quello che sta succedendo nello Xinjiang e in Tibet, non puoi biasimare gli hongkonghesi per la diffidenza e il sospetto nei confronti della Cina». È notizia di questi giorni la pubblicazione, da parte del New York Times, di 400 pagine di documenti riservati che dimostrano l’esistenza dei lager in cui sono detenuti un milione di uguri, la minoranza musulmana e turcofona dello Xinjiang. Una persecuzione spacciata per “lotta al terrorismo”. Tra le frasi che colpiscono di più c’è quell’ordine, da parte dal presidente cinese Xi Jinping in persona, che dice “Non mostrate nessuna pietà”.