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Come aumenta la produttività aziendale con lo smart working
Grazie alla tecnologia poter lavorare scegliendo i propri tempi e il proprio luogo di lavoro è possibile e secondo le statistiche lo smart working potrebbe migliorare la produttività aziendale del 15%
6 Luglio 2018

Il curriculum dello smart worker (e i dati di crescita)
“Il lavoro agile (o smart working) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”. Così inizia la legge n. 81/2017 che in Italia regolamenta in modo definito il rapporto di lavoro definito, appunto, come smart working; una norma che impone al datore di lavoro, in contatto con uno smart worker, di garantire lui lo stesso trattamento rispetto ai lavoratori tradizionali sia a livello di compenso che di tempistica contrattuale. Lo smart worker, quindi, potremmo definirlo come un collaboratore a distanza, che, grazie alla tecnologia 2.0, è in grado di svolgere i suoi compiti fuori dal classico ufficio potendo organizzarsi al meglio il tempo, gli spazi e l’orario di lavoro con vantaggi a livello di gestione del tempo e della produttività, oltre che ad un risparmio di costi in ambito spostamenti e trasferte e ad un miglioramento della vita personale. Se questa modalità di lavoro è partita un po’ in sordina, anche a causa della diffidenza delle consolidate gerarchie aziendali, nel 2017, in Italia, lo smart working ha subito una crescita del 14% degli impiegati raggiungendo quota 300 mila addetti. In ambito europeo, Olanda ed Inghilterra sono stati i Paesi pionieri soprattutto, ovviamente, se si guarda alle big company; ad oggi in tutta Europa la percentuale dei lavoratori smart si attesta al 17%. Infine, per la zona Extra Europa gli Stati Uniti vincono il premio come stato più smart con una percentuale di lavoratori impiegati in questa modalità del 20%, percentuale cresciuta in termini di ore lavorate in modo flessibile del 78% tra il 2007 e il 2014. Ovviamente la pratica di smart working non può essere applicata a tutti i settori e a tutti i lavoratori: in alcuni casi la componente fisica del lavoro è ancora maggioritaria e non tutti i membri di un team possono realisticamente essere coinvolti in un sistema di lavoro agile ed indipendente. Ecco perché la dose di organizzazione e autogestione è fondamentale. LEGGI ANCHE: Cosa significa (davvero) smart working e quali dovrebbero essere le caratteristiche fondamentali
Perché Smart Working sì e perché Smart Working no
Covo di stimoli e di autorealizzazione con una forte base di tecnologia applicata, ecco come potremmo definire lo smart working in poche parole; sì perché aver la possibilità di lavorare a casa o in un qualsiasi altro luogo fuori dall’ufficio potendo gestire al meglio il tempo e gli impegni è il sogno di ogni lavoratore. Come in ogni cosa, però, non va dimenticato che anche in questo ambito ci saranno due facce della medaglia che dividono le platee tra il sì e il no quando si parla di questa modalità di lavoro. Partiamo con i punti a favore.- Incremento di flessibilità ed auto organizzazione del tempo: la facoltà di poter conciliare al meglio impegni e lavoro. L’unica cosa richiesta è il mantenimento del focus sull’obiettivo e sul risultato.
- Risparmio dei costi di trasferta e di trasporto, sia da parte del collaboratore che dell’azienda che a questo punto avrebbe bisogno di una sede più piccola.
- Miglioramento della qualità della vita del lavoratore e del profitto aziendale, si sa che un collaboratore più motivato e felice è anche una risorsa più produttiva.
- La possibilità per un’azienda alla ricerca di nuove figure da inserire in organico di poter ampliare il range delle ricerche dei candidati potendo interloquire con loro anche a distanza.
- Riduzione dello stress lavorativo e del traffico.
- Fine della demarcazione del confine tra vita personale e vita lavorativa, senza un orario di lavoro definito il rischio di “invasioni di campo” a livello temporale è molto alto, si rischia di non staccare mai.
- Solitudine, senza colleghi intorno ed in pigiama tutto il giorno si rischia di perdere la propria capacità empatica e sociale stimolata, invece, nell’avere colleghi intorno.
- Mancanza di controllo da parte dell’azienda sulla qualità e quantità di lavoro del collaboratore.
- Difficoltà nello scegliere uno spazio di lavoro consono, quindi tranquillo in cui potersi concentrare, e possibili problemi con la connessione Internet o con i device tecnologici necessari.
- Voler essere smart a tutti i costi. Come accennavamo prima non tutti i lavori e tutti i lavoratori possono collocarsi all’interno di un contesto di smart working e farsi attrarre soltanto dal vantaggio nella libertà della gestione del tempo potrebbe essere un grave errore.
