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  • Solo il 21% delle persone ritiene che la propria azienda si prenda cura del suo benessere

    22 Aprile 2025

    Negli ultimi anni, il mondo del lavoro ha visto emergere fenomeni come il “Carewashing e il “Quiet Quitting.

    Termini diversi, ma con un messaggio comune: i dipendenti stanno manifestando il proprio disagio attraverso strategie di disimpegno sul posto di lavoro.

    Non si tratta semplicemente di voler tutelare la propria work-life balance; dietro questi comportamenti si nasconde qualcosa di più profondo: disconnessione emotiva, mancanza di riconoscimento, poca fiducia nel sistema aziendale.

    Ma come prevenire questi atteggiamenti? Quali sono i segnali da riconoscere per mantenere un ambiente di lavoro positivo e stimolante? 

    Carewashing: quando l’attenzione al benessere è solo di facciata

    Il termine “Carewashing” si riferisce alla pratica aziendale di promuovere iniziative di benessere superficiali, senza affrontare le problematiche strutturali che influenzano realmente la salute dei dipendenti.

    Ad esempio, offrire corsi di mindfulness o yoga senza intervenire su carichi di lavoro eccessivi o ambienti tossici può essere percepito come un tentativo di “lavarsi le mani” dalle vere responsabilità.​

    Un articolo dell’Harvard Business Review evidenzia come il “Carewashing” possa alienare i dipendenti, creando un divario tra le dichiarazioni di cura dell’azienda e la realtà quotidiana vissuta dai lavoratori.

    Lo dimostrano i dati: un recente sondaggio Gallup: “Employee Wellbeing” (2024) ha evidenziato un calo significativo nella percentuale di dipendenti che ritengono che la propria azienda si prenda davvero cura del loro benessere, passando dal 49% nel 2020 al 21% nel 2024.

    la ricerca di Gallup

    Un dato allarmante che mostra chiaramente come sempre più lavoratori si sentano poco considerati.

    Il benessere e l’attenzione dei dipendenti sono senz’altro imprescindibile, ma se le iniziative delle aziende non si traducono in azioni concrete, quali potrebbero essere i rischi?

    Quiet Quitting: quando il disimpegno diventa la norma

    Uno dei rischi è proprio il “Quiet Quitting”, una vera e propria reazione al “Carewashing”: questo fenomeno descrive quei dipendenti che, pur adempiendo alle loro mansioni, smettono di investire energie extra nel lavoro.

    Non si tratta di abbandonare fisicamente il posto di lavoro, ma di un ritiro emotivo e psicologico, spesso causato da mancanza di riconoscimento, opportunità di crescita limitate o squilibri tra vita lavorativa e privata.

    Il lavoro non viene più vissuto come parte integrante della propria identità, ma come un compito da portare a termine senza investimenti personali.

    CAREWASHING: i dipendenti non si sentono rispettati al lavoro, la ricerca di Gallup

    LEGGI ANCHE: Cos’è il Quiet Quitting, la nuova fase delle Grandi Dimissioni

    Ascoltare i dati per capire le reali esigenze: cosa chiedono davvero i lavoratori alle aziende

    Per prevenire il calo di fiducia e il disimpegno dei dipendenti, le aziende devono andare oltre le parole e trasformare le promesse in azioni concrete.

    Secondo una recente ricerca commissionata da Babbel for Business, la piattaforma di Babbel che offre corsi di lingua per le aziende, emerge come le persone non siano disinteressate, ma al contrario desiderose di crescita.

    Il 43% degli intervistati afferma che la propria azienda non stia ancora investendo in attività concrete per valorizzare i talenti interni, una percentuale che sale al 55% tra i lavoratori del settore retail, catering e leisure.

    Tra le iniziative formative più richieste dai dipendenti:

    • al primo posto i corsi di lingua (29%), che salgono al 35% tra i Baby Boomer e al 40% tra i lavoratori del settore manufacturing;
    • al secondo posto corsi di innovazione e tecnologia (27%), con un picco del 33% nel settore architettura;
    • al terzo posto corsi legati al benessere e wellness (25%), richiesti in particolare da chi lavora nei settori travel e trasporti (40%) e istruzione (38%).

    LEGGI ANCHE: Il Quiet Quitting non è (solo) lavorare meno, ma lavorare meglio

    Riconoscere i bisogni dei dipendenti e intervenire tempestivamente

    Per investire nelle persone in modo autentico e senza rischiare di incorrere in accuse di “Carewashing” è fondamentale che i datori di lavoro:​

    • Ascoltino attivamente le preoccupazioni dei dipendenti, creando spazi sicuri per il dialogo.​
    • Implementino cambiamenti strutturali, come la revisione dei carichi di lavoro e l’offerta di opportunità di sviluppo professionale.​
    • Siano trasparenti nelle loro iniziative di benessere, assicurandosi che non siano solo mosse di marketing, ma riflettano un reale impegno verso il miglioramento delle condizioni lavorative.​

    Affrontare alla radice le cause del malessere lavorativo non solo migliora la soddisfazione e la produttività, ma rafforza anche la reputazione dell’azienda come datore di lavoro responsabile e attento.

    Un percorso di formazione strutturato, autentico e su misura, anche attraverso competenze soft come le lingue o il benessere personale, può diventare il primo passo per ricostruire fiducia e senso di appartenenza all’interno delle aziende.