Daily Brief – Giovedì 12 settembre 2024
L’era della paranoia, intervista a Gianluca Falanga del Museo della Stasi a Berlino
La sospensione delle libertà fondamentali, la democrazia in stand by, il sospetto diffuso. Abbiamo chiesto un parere a chi di paranoia se ne intende
19 Giugno 2020

Covid-1984
Ricordo un libro che avevo letto e un museo che avevo visitato, quattro anni fa. Il libro si chiama “Il Ministero della Paranoia” e il luogo è l’ex Ministero della Sicurezza di Stato, a Berlino. Cerco l’autore, Gianluca Falanga, classe 1977, a Berlino da vent’anni. Lo trovo, non senza qualche difficoltà (come giusto che sia, dato il suo lavoro, penso tra me e me). Oltre che uno storico, Gianluca è anche è il responsabile dei programmi culturali al museo della Stasi a Berlino Est, all’ex penitenziario della Stasi di Hohenschönhausen e al Memoriale di Lindenstraße a Potsdam. Fissiamo di sentirci al telefono, mi chiede di anticipargli di cosa parleremo: gli mando due cose su WhatsApp, la prima è un graffito sui muri di Mestre, in cui un geniale writer ha scritto “Covid-1984”. Il secondo è un articolo di Repubblica: “4 italiani su 10 reputano giusta la sospensione della democrazia”.
Catastrofismo da TG
La narrazione mediatica di questi mesi è sicuramente una delle parti più complesse dell’intera questione. Quel è stato il motivo di questo martellante “mood catastrofistico”? Ragionare solo in termini di copie vendute, audience o click sembra riduttivo. Il paragone con l’epoca della Stasi stavolta è facile: «Con mio grande stupore – sottolinea Falanga – i media hanno messo in scena un flusso informativo a senso unico con pochissime voci contrarie. È stato interessante anche notare la campagna violenta contro chi organizzava, o anche soltanto dichiarava di voler organizzare, manifestazioni di dissenso».
Barattare la propria libertà
La Stasi deteneva molti tristi record, tra cui la densità di spie tra la popolazione: una ogni 59 cittadini. Una macchina del controllo che andò ben oltre la realizzazione del Grande Fratello orwelliano. «Quel periodo storico è profondamente diverso dal nostro e le persone lo sono altrettanto, tuttavia mi ha sorpreso la disponibilità della maggioranza nell’accettare scelte così gravose e dirigistiche». Dopo la pubblicazione del suo libro molte classi di studenti italiani sono andate a Berlino per conoscere la storia della polizia segreta della DDR. «Una persona che cresceva nel socialismo reale era indottrinata fin dalla nascita: veniva spogliata di ogni pensiero critico, cedeva completamente la propria responsabilità individuale allo Stato. E tutto questo era visto come la normalità». «Quel cittadino aveva uno Stato che prendeva le decisioni al posto suo e pensava al posto suo. In cambio di una casa, di un lavoro, di un’automobile uguale per tutti. Il patto di quelle società oggi può sembrare inquietante ma era molto chiaro».
Hong Kong come nuova Berlino?
Hong Kong sembra essere l’epicentro di una nuova Guerra Fredda, il movimento che lotta per la libertà e l’autonomia si richiama ai valori occidentali, l’eredità più importante lasciata della Gran Bretagna. Falanga: «Non vedo la presenza degli americani, non vedo una chiara posizione dell’Occidente a supporto della causa della libertà. C’è Pechino, è vero. Ma la domanda da porsi è: chi vede la Cina come una minaccia? Certamente non l’Europa. Il regime comunista cinese è attivo in maniera espansiva fuori dai propri confini, la politica URSS era invece basata su un filone ideologico». Insomma, ai cinesi interessano gli affari, non le conversioni.
La ribellione da aperitivo
Il sole e il mare fanno sembrare questa mattina di giugno una normale estate, sono ancora al telefono con Gianluca, gli racconto che i primi a uscire in palese “violazione delle distanze di sicurezza” sono stati i più giovani, stanchi di settimane di lockdown e desiderosi di riprendere in mano la propria vita sociale. Il mio pensiero va a tanti ragazzi dell’Est che negli anni ’80, pur di ascoltare i gruppi rock occidentali, incidevano i dischi proibiti nelle lastre delle radiografie. La musica e la voglia di divertirsi fecero cadere il muro più velocemente. Il mio paragone è appena sussurrato ma Falanga lo coglie. «Ecco un’altra analogia, e non è una questione frivola. Dopo due decenni (’60 e ’70) di “pace militarizzata” negli ’80 i movimenti di opposizione al Governo divennero consistenti. Nell’allora DDR le prime ansie di emancipazione arrivavano appunto dai giovani». «In Germania all’inizio della quarantena, come risposta alle restrizioni, sono stati organizzati dei grandi party, ovviamente sanzionati dalla polizia. Questa attitudine a non accettare limitazioni delle proprie libertà individuali è positiva e indica una certa vitalità in parte della popolazione, oggi come allora».