I giovani ribelli esistono ancora: dopo la liberazione di Joshua continua la protesta a Hong Kong
Dalla Thatcher a Joshua Wong, da Tienammen agli ombrelli gialli, da Praga a Hong Kong. Ancora una volta la narrazione della libertà ha radici profonde
21 Giugno 2019

Joshua Wong
Il volto di un’intera generazione in rivolta, lo studente che da solo ha sfidato il regime cinese, la star della libertà a cui Netflix ha dedicato documentario “Teenager VS Superpower“, premiato al Sundance Film Festival. La sua faccia pulita da ragazzino lo ha portato a raccogliere la fiducia di migliaia di coetanei ma anche di una larga parte dell’opinione pubblica di Hong Kong, che in lui ha trovato un leader mosso da puro senso di giustizia. LEGGI ANCHE: Greta, Nasrin e Joshua: tutti possiamo diventare il simbolo del cambiamento nel mondo Scarcerato lunedì 17 maggio 2019 dopo l’ennesimo periodo di detenzione, Joshua è tornato e lo ha twittato a tutto il mondo. In un’intervista alla CNN ha chiesto subito le dimissioni del Capo Esecutivo di Hong Kong e ha annunciato la sua adesione alle proteste di questi giorni.Dai volantini per strada alla copertina del Time: Joshua (classe 1996) aveva appena 14 anni quando stampò dei volantini, iniziando a distribuirli ai passanti, per protesta contro il programma cinese di istruzione revisionista che secondo lui mirava a un lavaggio del cervello degli studenti. La sua battaglia divenne virale, radunando attorno a sé migliaia di studenti preoccupati per il proprio futuro.Hello world and hello freedom. I have just been released from prison. GO HONG KONG!! Withdraw the extradition bill. Carrie Lam step down. Drop all political prosecutions!
— Joshua Wong 黃之鋒 (@joshuawongcf) 17 giugno 2019

逃亡犯条例改正案の撤回を求めるデモ。 200万人に近いでした。 pic.twitter.com/6aRDlZogek
— 周庭 Agnes Chow Ting (@chowtingagnes) 16 giugno 2019
Gli ombrelli gialli
Serviva un simbolo per le proteste del 2014 e la stampa iniziò a chiamare i manifestanti “Umbrellas“. La pioggia purtroppo c’entrava poco: gli ombrelli erano un estremo tentativo di difendersi dai gas lacrimogeni lanciati dalla polizia. “Libertà di pensiero contro lavaggio del cervello”: i ragazzi avevano trovato i loro simboli, i loro slogan e i loro leader. La campagna comunicativa divenne clamorosamente più forte con “Occupy Central with Love and Peace“, l’iniziativa di disobbedienza civile che mirava a occupare fisicamente il Business District. Il movimento degli ombrelli vinse la battaglia contro il programma di “istruzione nazionale” ma perse quella più importante, per l’elezione diretta del Capo Esecutivo.
Gli adulti
I grandi assenti della rivoluzione degli ombrelli gialli: nel 2014 gli adulti lasciarono gli studenti in piazza senza schierarsi contro il regime cinese. Perfino i genitori di Joshua Wong erano inizialmente diffidenti rispetto all’attivismo del figlio. Ci sono voluti cinque anni per portare anche gli adulti per strada, in occasione delle grandi manifestazioni di questi giorni contro la legge per l’estradizione.Margaret Thatcher
Si dice che Margaret Thatcher avesse due grandi rimpianti: la crescente perdita di sovranità della Gran Bretagna a favore UE (celebre il suo discorso del “NO, NO, NO” contro l’Euro) e il ritorno di Hong Kong alla Cina. Era il 1984 e la Lady di Ferro, reduce dalle Falkland, aveva trovato di fronte a sé un avversario ancora più duro: Deng Xiaoping. Venne firmata la Dichiarazione congiunta sino-britannica, tra finti sorrisi e fredde strette di mano. Nel 1997 Hong Kong sarebbe diventata ufficialmente un’ex-colonia. Passano oltre vent’anni e – ironia della storia – a capo della città c’è una nuova Iron Lady, la chief executive Carrie Lam, fedele a Pechino. L’accordo del 1997 per “un Paese, due sistemi” prevede per il futuro di Hong Kong un sistema a più partiti e il suffragio universale: due promesse mai mantenute dalla Cina. Gli hongkonghesi possono votare ma tra una rosa di candidati a loro volta selezionati da Pechino.
Il Lennon wall
Il cosiddetto muro di John Lennon era un luogo speciale di Hong Kong dove i militanti degli Ombrelli Gialli attaccavano migliaia e migliaia di post-it con messaggi inneggianti al suffragio universale, alla libertà e alla democrazia. Il muro è stato “ripulito” più volte dalle autorità, per poi ricomparire all’inizio di ogni protesta, compresa quella attuale. Ancora un riferimento alle grandi proteste per la democrazia del passato: “l’originale” Lennon Wall si trova infatti a Praga, nato come una grande bacheca a cielo aperto per celebrare, in funzione anti-comunista, il pacifismo del frontman dei Beatles dopo la sua morte. Anche il wall di Praga, come quello di Hong Kong ha subito varie pulizie forzate nel corso dei decenni, ma i graffiti che ricordano gli eroi della Primavera di Praga, come Jan Palach, e della Rivoluzione di Velluto, come Vaclav Havel, continuano a comparire.Messages of support and protest on the new #notochinaextradition “Lennon Wall.” 👉 In full: https://t.co/kmLJLFCnSX pic.twitter.com/rAtshA7UIg
— Hong Kong Free Press (@HongKongFP) 17 giugno 2019
Gli echi di Tienammen
Al numero 3 di Austin Avenue a Kowloon si trova l’unico museo su suolo cinese dedicato alla strage di Tienanmen. O meglio, si trovava, dato che nell’atrio del palazzo un foglio avverte i visitatori che il museo è stato rimosso nel 2016. La versione ufficiale parla di “problemi condominiali”.
*Illustrazione in copertina di @aurora_designer