• Tutta l'Informazione Ninja nella tua mail

  • Cosa accadrà all’Influencer Marketing con l’AI (e come possiamo salvarlo)

    9 Maggio 2025

    L’annuncio del CEO di Unilever, Fernando Fernandez, è chiaro: il colosso consumer goods investirà il 50% del suo budget marketing sui social media, collaborando con venti volte più influencer rispetto al passato.

    Un progetto ambizioso che mira a coprire mercati chiave come India e Brasile. Eppure, questo approccio solleva un problema fondamentale: la fiducia, elemento fondante dell’influencer marketing, è stata sacrificata sull’altare della scala e della performance.

    Molte aziende non vedono gli influencer come partner con cui costruire valore, ma come spazi pubblicitari da acquistare.

    Il risultato? Una crisi dell’influencer marketing che ha trasformato la relazione tra brand e creator in una transazione impersonale.

    LEGGI ANCHE: La guida completa sulle dimensioni delle immagini per i social

    Influencer marketing e intelligenza artificiale: le origini del problema

    Questa crisi non è nata con l’AI, ma con le scelte strategiche dei brand. Il passaggio da “influencer” a “content creator” ha accelerato una trasformazione in cui l’autenticità è diventata secondaria rispetto alla scalabilità.

    La pressione a generare conversioni immediate ha reso i creator più simili a media agency che a persone con una voce originale.

    L’arrivo dell’intelligenza artificiale è stato quindi un effetto, più che una causa.

    Brand che trattano l’influenza come inventory stanno creando le condizioni ideali per essere rimpiazzati da modelli generativi.

    L’AI oggi è in grado di generare video, voiceover, grafiche e copy in pochi secondi: tutto ciò che prima richiedeva settimane di lavoro umano, ora è prodotto da un prompt.

    Declino dell’engagement: quando il pubblico si disconnette

    Negli ultimi tre anni, l’engagement medio dei post sponsorizzati è calato del 30% a livello globale (Fonte: HypeAuditor).

    Le persone riconoscono sempre di più i contenuti “costruiti” e disconnettono emotivamente. L’influencer marketing diventa quindi indistinguibile dalla pubblicità tradizionale: non genera conversazioni, ma scroll veloci.

    E non è solo una questione di percezione. Il modello economico è in crisi. Secondo recenti dati, solo il 2% dei creator guadagna oltre 50.000 dollari annui, mentre il 75% non supera i 500 dollari.

    Questo significa che la creator economy è altamente instabile e dipende da pochi player dominanti. Intanto, gli influencer virtuali continuano a crescere: Lil Miquela, Imma o FN Meka sono solo la punta dell’iceberg.

    LEGGI ANCHE: Come integrare l’intelligenza artificiale nel tuo business: guida pratica

    Il vero impatto dell’IA sui contenuti generati dai creator

    I contenuti generati da AI stanno modificando la percezione del pubblico.

    Video AI-generated, avatar vocali, recensioni false, UGC finti: tutto questo mina la fiducia nel contenuto online.

    Su TikTok, un “dottore” AI ha fornito consigli medici che migliaia di utenti hanno seguito, senza accorgersi che si trattava di un personaggio fittizio.

    La differenza tra reach e influenza reale diventa così sempre più marcata. Un contenuto può raggiungere milioni di utenti, ma non generare alcun impatto culturale o comportamentale.

    Il marketing degli influencer nel 2025 deve tornare a chiedersi: cosa significa davvero influenzare?

    LEGGI ANCHE: Instagram lancia una campagna europea per la verifica dell’età e il consenso dei genitori

    Strategie per rendere efficace l’influencer marketing nell’era dell’AI

    Per salvare l’influencer marketing dall’IA, bisogna tornare a ciò che l’intelligenza artificiale non sa imitare: la narrazione umana, l’empatia e la sorpresa.

    Ecco tre strategie per tornare a fare marketing con i creator in modo autentico e rilevante.

    strategie per rendere efficace l'influencer marketing nell'era dell'AI

    Per rendere l’influencer marketing e AI una convivenza virtuosa, e non una battaglia persa, i brand devono tornare a ciò che l’intelligenza artificiale non può replicare: la narrazione autentica, la connessione emotiva e la capacità di sorprendere.

    Servono approcci più strategici, meno ossessionati dai numeri e più orientati alla qualità della relazione. Ecco tre direzioni concrete da seguire.

    1. Scegliere storie, non solo numeri

    L’influenza reale non si misura solo in follower o tasso di engagement. I creator più efficaci sono quelli che portano una storia in evoluzione, capace di trasformare anche la percezione del brand.

    È il caso di Klook e Marie Kondo: quando lei dichiarò di aver “lasciato andare l’ordine” dopo aver avuto figli, il brand non si è tirato indietro, ma ha abbracciato il cambiamento per raccontare il viaggio come nuova forma di benessere. Un esempio di autenticità nel marketing digitale.

    2. Cercare l’influenza dove meno te l’aspetti

    Oggi, i contenuti virali nascono spesso ai margini, e i brand più attenti sanno intercettarli. Elmo e ON Running hanno trasformato un semplice meme in un messaggio di soft power.

    Charles & Keith ha ribaltato una critica virale a Zoe, giovane creator, trasformandola in testimonial della Giornata Internazionale della Donna. In entrambi i casi, non era la reach a contare, ma la risonanza culturale.

    3. Agire nel momento giusto

    Nel mondo accelerato dei social, il tempismo è un vantaggio competitivo. Skims, il brand di Kim Kardashian, lo dimostra: ha lanciato una campagna con Patrick Schwarzenegger proprio mentre era al centro della conversazione pubblica per White Lotus e il suo matrimonio.

    La forza del contenuto non era solo nella forma, ma nella sua tempestività. Anche il riutilizzo strategico dei contenuti organici (UGC), attraverso tecniche come il whitelisting, contribuisce a renderli più nativi, credibili ed efficaci.

    Influencer virtuali vs influencer umani: la sfida dell’empatia

    Il rischio che l’AI mangi l’influencer marketing non è teorico. Gli influencer virtuali stanno già conquistando spazi grazie alla loro disponibilità 24/7, alla totale brand safety e alla possibilità di essere modellati su misura. Ma manca qualcosa di essenziale: l’empatia. Non potranno mai avere un passato reale, esperienze vere o un errore che li renda umani.

    La connessione emotiva, che sta alla base della fiducia, non si genera con un algoritmo.

    Ecco perché creator marketing vs pubblicità tradizionale è una battaglia che può essere ancora vinta, ma solo se si torna a mettere al centro la relazione e non la ripetizione.

    Il ruolo della fiducia e la selezione dei giusti creator

    Nel nuovo contesto dominato da automazione e contenuti in serie, il ruolo della fiducia nell’influencer marketing diventa vitale.

    I brand devono imparare come selezionare influencer rilevanti per il proprio brand, basandosi su coerenza di valori, creatività autentica e capacità di generare dialogo.

    Servono strumenti nuovi per misurare l’efficacia: non solo vanity metrics, ma indicatori qualitativi, come sentiment analysis, coerenza narrativa, presenza nei trend culturali.

    La creator economy del 2025 ha bisogno di meno numeri e più significato.

    Come salvare l’influencer marketing dall’IA

    L’influencer marketing e AI non devono essere nemici, ma nemmeno gemelli.

    L’intelligenza artificiale può potenziare i processi, migliorare la qualità dei contenuti e aumentare l’efficienza.

    Ma non può sostituire l’intenzione, la vulnerabilità e la voce personale di un essere umano che parla ad altri esseri umani.

    Il futuro non sarà più grande, più veloce o più economico.

    Sarà più vero, più rilevante e più umano. Solo così potremo ricostruire l’influenza, prima che diventi definitivamente indistinguibile da una pubblicità qualunque.