Digital Innovation Days 2024: il potere dell’innovazione umana secondo Stefano Saladino
Sinergia tra persona e AI per migliorare efficienza e benessere. Intervista a Giuseppe Santonato di EY
19 Maggio 2025
Il 13 e 14 maggio, la Fiera di Milano Rho ospita la nuova edizione di AI Week, il più grande evento europeo dedicato all’intelligenza artificiale. Un appuntamento che ha richiamato oltre 17.000 partecipanti, 250 speaker internazionali e più di 170 aziende del settore tech. I temi al centro dell’edizione 2025 sono stati l’AI generativa, la privacy-by-design, l’intelligenza artificiale decentralizzata e le nuove applicazioni nel campo sanitario, industriale e creativo.
La manifestazione si è articolata in 10 palchi tematici tra keynote, workshop e demo live, oltre a giornate di formazione online prima e dopo l’evento fisico.
Tra gli ospiti più attesi: Zack Kass (ex OpenAI), Maja Pantic (ex Meta), Rory Flynn (Midjourney), Abran Maldonado e Paolo Ardoino.
Tra i protagonisti della AI WEEK 2025, sul Main Stage, Giuseppe Santonato, AI Leader di EY EMEIA e AI Transformation Leader di EY Italia, ha portato una visione concreta e strategica su come l’intelligenza artificiale possa generare valore reale e sostenibile per aziende e organizzazioni.

Nel suo intervento, dal titolo evocativo “Agente da Agens”, Santonato ha esplorato il nuovo paradigma dell’AI, fondato su agenti intelligenti e sociali. Queste entità, capaci di agire, condurre e interagire in modo adattivo con gli utenti, promettono di rivoluzionare il mondo del lavoro, integrandosi nei processi decisionali per migliorare efficienza, controllo e benessere.
Con un’esperienza profonda a livello internazionale e una presenza solida sul territorio italiano, EY Italia si conferma oggi al centro dell’innovazione, guidando la trasformazione digitale delle imprese con una visione evoluta dell’AI come motore di cambiamento positivo.
Intervista a Giuseppe Santonato, AI Leader di EY EMEIA e AI Transformation Leader di EY Italia
Noi lo abbiamo incontrato, per approfondire le resistenze culturali, le metriche d’impatto e le trasformazioni nella leadership che l’avvento degli agenti intelligenti sta generando nelle imprese. Un dialogo che mostra come l’AI possa diventare alleato strategico, ma solo se progettata in sinergia con l’essere umano.
Ecco cosa ci ha detto.
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Quali sono le principali resistenze culturali o organizzative che le imprese devono superare per adottare gli agenti AI nei processi decisionali?
Ci sono due dimensioni di resistenza nell’adozione completa di un sistema agentico. La prima è relativa al fatto che cerchiamo di implementare le AI su processi progettati e sviluppati dall’uomo per l’uomo, mentre l’AI richiede una completa rivisitazione di questi processi.
La seconda è che normalmente caliamo le soluzioni agentiche e ne richiediamo immediatamente feedback. La valutazione di ogni persona per qualcosa che è imposto è sempre molto limitata.
Dall’altra parte, in questo caso l’agente viene visto solo come un mero automatizzatore di attività ma non come un supporto nei processi decisionali. Se vogliamo superare entrambi gli aspetti, bisogna pensare di co-disegnare l’agente insieme alla persona.
Agente che sarà disegnato su alcune specificità della persona e non viceversa. Solo in questo modo è possibile creare uno strumento di sinergia tra l’essere umano e l’intelligenza artificiale.
Come si può misurare l’impatto positivo degli agenti intelligenti nelle decisioni aziendali? Esistono metriche già consolidate?
Esistono già metriche diffuse e consolidate. In EY abbiamo sviluppato anche dei framework, conducendo, dapprima in maniera sperimentale e poi in modo standardizzato, una serie di indicatori che possano direttamente dare evidenza di come l’agente renda più efficace l’intero processo. A questi abbiamo aggiunto, poi, insieme all’Università La Sapienza di Roma e all’Università Sant’Anna, lo studio dell’impatto positivo sulla persona.
Non possiamo considerare l’Intelligenza Artificiale come un Moloch stand alone. Questo Moloch non esiste: gli agenti devono essere capaci di adattarsi alle necessità delle persone e noi, dall’altra parte, dobbiamo modificare i processi produttivi e decisionali per essere in grado di interagire con gli agenti in maniera più efficace.
Con questi studi abbiamo verificato che, se utilizziamo questo approccio, diciamo, di simbiosi, otteniamo risultati migliori non solo a livello di operatività, ma anche a un livello più alto, nella definizione delle strategie e dei modelli.
Guardando al futuro: quale ruolo avranno secondo lei le tecnologie agentiche nei modelli di leadership e organizzazione aziendale nei prossimi anni?
Qui non parliamo esclusivamente di agenti, ma di AI più in generale. Essere in grado di utilizzare l’AI come una sorta di top leadership sta diventando un elemento essenziale. Un buon manager considera l’AI in maniera conversazionale come il suo principale sparring partner, con il quale costruire, gestire e anche immaginare quale sarà il futuro.
Non si tratta di qualcosa che accadrà fra qualche anno, è quello che sta già accadendo. Però rimane sempre importante tener presente l’aspetto empatico e umano del lavoro.
Ecco, l’empatia e la capacità di prevedere cosa accadrà in futuro, creando una sinergia e una sintesi tra tecnologia e aspetto umano, faranno la differenza per essere in grado di gestire un team e far crescere davvero le persone.