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  • L’AI trasforma la Search: Jacopo Allegrini di Google ci racconta il futuro del retail

    18 Aprile 2025

    Al Netcomm Forum 2025, l’intelligenza artificiale è stata protagonista assoluta. In una due giorni che ha richiamato oltre 30.000 partecipanti e 380 espositori, si è parlato di e-commerce, digitalizzazione e nuove esperienze d’acquisto. Tra i temi più discussi, quello della ricerca online, che oggi sta vivendo una trasformazione radicale grazie all’AI generativa.

    Nella VIP area di Google, ho incontrato Jacopo Allegrini, Director Sales Retail di Google Italia, appena dopo il suo workshop intitolato “The Future of Knowledge: Search and AI”.

    Jacopo Allegrini, Director Sales Retail di Google Italia Intervista a Netcomm Forum

    Nel suo intervento, Jacopo aveva raccontato come i motori di ricerca stiano evolvendo in motori di costruzione, capaci non solo di recuperare contenuti, ma di generarli dinamicamente in risposta ai bisogni dell’utente.

    La formazione come e opportunità

    Abbiamo iniziato parlando di un punto critico per molte aziende: gli ostacoli all’adozione dell’intelligenza artificiale.

    Jacopo ha subito chiarito che, nonostante l’entusiasmo e l’accelerazione tecnologica, siamo ancora in una fase in cui i casi d’uso non sono pienamente consolidati. Per questo, ha evidenziato, uno dei principali freni riguarda la formazione, sia per i dipendenti che per gli utenti finali.

    «Siamo di fronte a una tecnologia emergente che ha subito una grande accelerazione negli ultimi anni ma che non si è ancora consolidata nel mercato, anche come casi d’uso. Quindi uno dei principali ostacoli è certamente quello relativo alla formazione; sia delle persone che lavorano come dipendenti nelle imprese, sia per noi come persone che interagiscono con queste nuove tecnologie».

    Mi ha anche spiegato che con le aziende Google lavora proprio su questo: far capire quanto sia urgente sviluppare skill trasversali in grado di guidare l’adozione dell’AI nei diversi processi di business.

    «Uno degli aspetti su cui lavoriamo con le aziende è quello di riuscire a comunicare l’importanza della formazione, di costruire delle skill che possano governare l’adozione dell’intelligenza artificiale all’interno delle varie fasi del business».

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    Iniziare con piccoli test, poi scalare

    Quando gli ho chiesto quale sia, secondo lui, il modo più efficace per portare concretamente l’AI in azienda, Jacopo ha riportato un principio che guida da sempre il lavoro di Google: iniziare in piccolo, testare, imparare e poi scalare.

    «Oggi siamo in una fase di sperimentazione. Anche su questo punto, come Google, noi abbiamo sempre adottato nei nostri prodotti una filosofia di Test&Learn, cioè di iniziare con dei progetti pilota, magari con un perimetro limitato, per poter validare che queste nuove tecnologie fossero in grado di portare un vero impatto a livello di business, prima di scalare a delle zone più ampie».

    Il valore dei dati (e la sfida dei silos)

    Durante la nostra conversazione è emerso un altro nodo centrale: la qualità dei dati e la capacità di farli dialogare. Jacopo ha sottolineato che l’intelligenza artificiale si nutre dei dati dell’azienda, ma che troppo spesso le aziende sono organizzate in silos, con team separati che gestiscono informazioni non integrate.

    «È importante anche il tema della collaborazione: l’intelligenza artificiale è per sua natura una tecnologia che viene alimentata dai dati dell’azienda. Più i dati sono completi e strutturati, più aumenta il contributo che essa può dare al business. Non sempre, però questa è la realtà nelle aziende, che sono ancora spesso organizzate “in silos”: pensa ai dati delle vendite online e di quelle offline che appartengono a team diversi. Credo quindi che ci sia una sfida di integrazione dei dati ma anche di collaborazione, con team agili di diverse funzioni che collaborino su progetti di questo tipo».

    GOOGLE – Netcomm Forum – Allianz Mico -Milano 15 aprile 2025 – © Andrea Veroni

    La nuova percezione dell’AI da parte degli utenti

    Abbiamo poi affrontato la questione di come venga percepita oggi una risposta generata dall’intelligenza artificiale, soprattutto se riguarda un brand.

    «Credo che quello che noi abbiamo imparato da decenni di sviluppo di Search è che la cosa più importante per gli utenti è ricevere informazioni rilevanti per la domanda che hanno fatto».

    E ha aggiunto che strumenti come AI Overview e Lens stanno evolvendo proprio per soddisfare meglio questa esigenza di rilevanza e immediatezza.

    «La Search sta evolvendo proprio per andare incontro a questo meccanismo. Sia con AI Overview, che riesce a restituire una risposta molto più efficace rispetto alla domanda posta da chi cerca, prima che possa approfondire ulteriormente la propria ricerca andando sui siti e sui link mostrati, sia con altri tipi di linguaggi, come quello visuale: oggi anche scattare una foto vuol dire fare una ricerca, per esempio con Lens, e questa è una nuova modalità espressiva che ha una grande adozione soprattutto tra le nuove generazioni».

    E anche durante lo shopping, Google resta un alleato chiave nella fase di verifica.

    «Gli utenti però si rivolgono alla ricerca di Google anche per verificare. Si tratta di un aspetto molto interessante: per esempio, mentre gli utenti fanno shopping, utilizzano la barra di ricerca per controllare che le informazioni dei prodotti siano attendibili, o che i termini di pagamento e i servizi correlati siano in linea con le loro aspettative, oppure, semplicemente, per vedere se in altri posti lo stesso prodotto sia più conveniente».

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    Dalla ricerca al “motore di costruzione”

    Nel suo intervento al Forum, Jacopo aveva parlato dell’evoluzione della Search in “motore di costruzione”: una piattaforma capace non solo di rispondere, ma di costruire contenuti personalizzati in base al contesto dell’utente.

    Quando gli ho chiesto come tutto questo impatterà sul customer journey, ha spiegato che la vera difficoltà oggi è ricostruire il percorso del consumatore, sempre più fluido e non lineare.

    «Oggi è veramente difficile, quasi impossibile, per i brand prevedere il percorso del consumatore, proprio perché il rapporto con la tecnologia è molto diverso».

    Jacopo ha portato un esempio concreto: le azioni di streaming, scrolling, shopping e searching non sono più compartimenti stagni.

    «Ad esempio, noi siamo abituati a classificare quattro tipi di azione: streaming, scrolling, shopping e searching; in realtà, le persone passano da una all’altra azione in modo molto fluido: stai guardando YouTube sulla TV, seduto sul salotto di casa, guardando il feed di YouTube. Stai facendo scrolling o streaming? Entrambe! Oppure, stai guardando il video di uno dei tuoi creator preferiti, metti in pausa e cerchi un prodotto che hai visto e ti piace sulla barra di ricerca: stai facendo tutte queste azioni insieme, magari alla fine anche shopping».

    Per questo, mi ha detto, la vera sfida per i brand sarà essere coerenti e rilevanti su tutti i touchpoint.

    «E proprio perché spesso tutti questi momenti collassano, diventa davvero difficile ricostruire il customer journey, per cui, una delle cose che per noi sarà un fattore distintivo sarà la capacità dei brand non solo di essere sempre presenti, ma anche di offrire la stessa esperienza nei diversi touchpoint».

    La personalizzazione è il nuovo standard

    Quando abbiamo affrontato il tema della personalizzazione, Jacopo è stato molto chiaro: è uno dei principali vantaggi competitivi per i brand oggi.

    «Personalizzare il proprio messaggio è, senza dubbio, una delle possibilità più importanti per un brand. La conoscenza che un brand ha dei propri consumatori permette anche di raggiungerne altri con messaggi sempre più personalizzati: già da qualche anno, l’idea di ricevere qualcosa che è variato sulla base delle proprie preferenze e sui propri tempi. Se la persona è in quel momento davanti allo schermo, quello è il momento per raggiungerlo; se sta ricercando, quello è un altro momento. Quindi, è corretto fornire un messaggio personalizzato ma è anche davvero importante essere presenti in tutti i momenti».

    I dati di prima parte come leva strategica

    Infine, gli ho chiesto che ruolo giocheranno i dati di prima parte in questo scenario alimentato dall’intelligenza artificiale. Ha confermato che saranno fondamentali, a patto che siano completi e integrati.

    «L’intelligenza artificiale si alimenta di dati, nel rispetto della privacy. Uno dei vantaggi dei brand è quello di riuscire a raccogliere dati di prima parte sui suoi clienti “completi”, nel senso di dati che comprendano tutte le attività del cliente: nei negozi fisici, nelle valutazioni che lascia, dalle sessioni che visita sul sito. Più i dati sono completi, più posso utilizzare questi strumenti per cercare altri clienti simili e differenziare le mie strategie commerciali».

    E, in chiusura, ha lanciato un messaggio molto chiaro: spesso sono proprio i segnali deboli, nascosti nei dati, a indicare le direzioni più promettenti per il business.

    «I trend emergenti si “nascondono” nei dati: il mercato è in continua evoluzione e spesso cose “piccole”, ma che stanno crescendo molto oggi, possono rappresentare occasioni di business in futuro».

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    Foto di copertina: GOOGLE – Netcomm Forum – Allianz Mico – Milano 15 aprile 2025 © Andrea Veroni