Cosa abbiamo imparato sulla leadership al World Business Forum 2019
Tutto quello che ci portiamo a casa dai grandi pensatori, leader ed esperti di business dopo la due giorni milanese
4 Novembre 2019

Super Minds: il potere delle menti superiori
Il titolo di questa edizione del WBF, Super Minds, “ci ricorda come il talento non debba essere più considerato meramente come una connotazione individuale, ma sempre più come un vero e proprio paradigma di organizzazione aziendale che coinvolge manager, dipendenti e anche stakeholder esterni all’azienda”, ha dichiarato il marketing director Europe di Wobi, Francesco Manzullo. E proprio da qui bisogna partire per comprendere cosa è stato il World Business Forum di quest’anno, e cosa è essenziale portare a casa, in ufficio, nelle relazioni e nella nostra quotidianità, da questo grande evento. Perché tutto gira intorno a questo: cos’è la leadership? È la capacità singola di un leader, di una persona illuminata che cala dall’alto la sua abilità gestionale? O forse, come invece ci hanno suggerito gli speaker di questa edizione, ognuno a modo suo, è più simile a una sorta di humus aziendale? Un terreno fertile che deve essere curato e valorizzato, per coinvolgere tutti gli elementi al più alto livello possibile e far nascere qualcosa di superiore? Ma come si crea questo elemento quasi magico, in grado di permeare le organizzazioni e le persone, in particolare i leader, perché sappiano indirizzare la prua verso il successo continuo?L’importanza delle domande che diventano risposte

.@HalGregersen: “In un mondo pieno di incertezze come fare per innovare e migliorare le cose? Basta porsi le domande giuste, anche se scomode: questo è il primo passo per risolvere i problemi”. #WBFMI pic.twitter.com/gGtoTmL1j1
— WOBI Italia (@wobi_it) 29 ottobre 2019
Giocare un gioco infinito richiede la mentalità giusta
Hal non è l’unico a insistere sull’importanza delle domande. Anzi, se c’è una persona che è diventata celebre con una domanda fondamentale, “perché?”, è proprio la stella di questa edizione: Simon Sinek. Autore di best-seller internazionali come “Start with why“, speaker e motivatore di fama mondiale, Simon è salito sul palco del WOBI con un ruolo inedito: rispondere direttamente alle domande fatte dal pubblico. Un momento intenso in cui, oltre a riprendere alcuni concetti delle sue teorie più celebri sull’importanza del perché e della spinta motivazionale per il successo delle idee, ha introdotto il tema del suo ultimo libro: “Il gioco infinito“. “Uno degli errori più grandi che ho visto fare alle aziende è cercare di vincere a quello che è un gioco dove non si può vincere. Un gioco infinito“. Per questo la visione di breve termine deve essere lasciata da parte, in favore di un’ottica davvero lunga, tendente all’infinito. Una in cui coraggio e integrità siano le parole chiave per fare scelte coerenti e per permettere davvero la crescita anche in ambienti sempre più complessi. “Fare la giusta scelta come leader è difficilissimo. L’integrità alla fine è la cosa che conta di più. È facile affermare di avere a cuore il benessere dei propri dipendenti, ma se poi con il tempo le azioni contraddicono le parole si perde in un attimo tutto ciò che si è costruito. Il coraggio è l’altro elemento fondamentale, perché per essere integri veramente bisogna farlo anche quando nessuno guarda, e questo richiede appunto coraggio“.
Costruire una cultura basata sulle persone per le persone

.@johnsonwhitney: “Se vogliamo un’organizzazione ad alta crescita dobbiamo avere individui ad alta crescita che rimangano nel team per portare l’azienda verso i suoi obiettivi. Ci vuole una visione chiara che consenta di bilanciare le curve dell’apprendimento delle persone”#WBFMI pic.twitter.com/llPhDGw1Hc
— WOBI Italia (@wobi_it) 29 ottobre 2019
Lasciate stare l’equilibrio: cercate l’armonia
È d’accordo con lei Stew Friedman, professore alla Wharton School of Business dell’Università della Pennsylvania e direttore fondatore del Wharton Leadership Program. Che però fa un passo in più: “Penso che avere equilibrio sia sbagliato. Non conosco nessuno che ne abbia e sia soddisfatto. Quando lavoro e vita privata cercano di stare in equilibrio come su una bilancia non si ottiene qualcosa di buono, perché quando un braccio della bilancia sale l’altro scende – questo è l’equilibrio. Ma come può essere positivo quando sui due piatti ci sono lavoro e vita privata? Noi non abbiamo bisogno di questo, ma di ARMONIA: tutti i diversi artisti di un’orchestra suonano cose diverse, ma insieme, in sincrono. Abbiamo bisogno di più jazz nelle nostre vite”. Come? Il suo suggerimento è provare a fare esperimenti: qualunque cosa che pensiamo ci migliori il lavoro, la vita, la casa, la comunità in generale, dobbiamo provare a introdurla e valutarla con metodo scientifico. È un approccio sistematico e flessibile per introdurre il cambiamento nella nostra vita e nelle nostre organizzazioni.
Più agilità emotiva per tutti
Stew ha spiegato come portare l’armonia fuori di noi. Ma dentro? Ce l’ha detto Susan David, psicologa della Harvard Medical School e grande esperta di management, che nel suo intervento invece ha posto l’attenzione sul come gestire tutto questo al meglio da un punto di vista psicologico. Come gestire le emozioni contrastanti che troppo spesso ci consumano e, ancora più spesso, non ci lasciano ragionare con lucidità? E soprattutto, come possiamo farlo nelle nostre aziende? “Non sono contro la felicità, io amo essere felice. Ma gli studi dimostrano che quando la utilizziamo per forzare la positività nelle organizzazioni, coprendo le emozioni negative con un sorriso finto, creiamo quello spazio di errore tra stimolo e risposta“. Quello spazio è “la nostra capacità di scegliere come gestire le emozioni“: in quei pochi secondi infatti possiamo decidere se farci dominare da loro, oppure se vederle per ciò che sono realmente e utilizzarle come dati per trovare informazioni su di noi e sul nostro modo di reagire alle cose. Questa è agilità emotiva: non chiedersi “ho torto, ho ragione?”, ma “la risposta emotiva che sto dando si adegua a me?”. Qualcosa che va insegnato anche all’interno dei team, perché una conversazione di 10 minuti con questi presupposti contribuisce a rigettare il contagio sociale, facendo venire a galla la parte migliore di noi. Il cambiamento effettivo dentro un’organizzazione avviene così, ponendosi la domanda giusta sulle emozioni, cioè: “La tua risposta emotiva ti sta portando più vicino alla persona che vuoi essere?”.
Umanizzare le aziende
“Oggi siamo affetti da ‘controllite’. Vogliamo controllare tutto, cerchiamo allineamento, focus, disciplina. In alcuni campi come nell’innovazione tecnologica questo è essenziale, effettivamente. Ma nelle organizzazioni, è la morte. Il problema è che i leader pensano che per stimolare le persone a usare la propria capacità di risolvere i problemi servano più procedure e policy, ma in realtà è il contrario. Da una parte certo, senza quelle procedure non avremmo oggi un iPhone tra le mani, ma dall’altra oggi è questa mania del controllo ciò che ci sta uccidendo. Dobbiamo ri-umanizzare le nostre organizzazioni, le aziende“. Così Gary Hamel, uno dei pensatori di business più influenti e iconoclasta a livello mondiale, introduce il cuore del suo pensiero. Secondo la sua teoria, è tutta colpa dell’eccessiva burocratizzazione delle aziende. In fondo, più del 18% degli impiegati nel mondo è “fortemente disinteressato” del proprio lavoro; il 50% abbandona a causa di un boss tirannico; meno del 20% si dice consultato per le decisioni che hanno un impatto sul proprio lavoro, e solo il 6% sui colleghi con cui lavorare; il 70% sostiene di non utilizzare la creatività nella propria professione. Come possiamo avere persone davvero attive, in grado di utilizzare al meglio le proprie capacità e sentirsi attivamente partecipi, in queste condizioni?Il vero vantaggio di una startup non è un business model disruptive, ma la modalità manageriale snella. Sono “bold, flat, simple, open, fast, free“. Ma più crescono più la burocrazia cresce, molto più velocemente di altri elementi. “Diventa una vera e propria “burosclerosi” La burocrazia è una malattia”. Come invertiamo la tendenza? Dobbiamo calcolarne i costi: individuare “l’indice di massa burocratica” di un’azienda. Molti di questi costi non si vedono, ma sono enormi. “Un vero leader è colui che sa far accadere le cose anche quando non ha il grosso bastone della burocrazia aziendale come arma da usare. Non c’è modo di de-burocratizzare un’organizzazione in maniera top-down. È un enorme multi-player game, che deve essere giocato dal basso”. Un esempio per farlo? Provare un management hackaton, dove ognuno in azienda prova a identificare un problema e indicare liberamente una soluzione innovativa..@profhamel: “Ogni organizzazione ha bisogno di persone creative, che abbiano passione e che si assumano dei rischi. Ma spesso non succede a causa di una burocrazia aziendale che tarpa loro le ali. E questo è un errore: ci vuole meno disciplina e più creatività”. #WBFMI pic.twitter.com/BoYdM37cwa
— WOBI Italia (@wobi_it) 29 ottobre 2019

“I leader, in ultima analisi, non sono altro che le persone responsabili di creare l’ambiente in cui le persone si sentano in grado di esprimere il meglio di se stesse“.Un concetto bellissimo e molto vero, su cui riflettere e da implementare giorno dopo giorno.