Milioni di follower con engagement da paura: come funziona la strategia social di Matteo Salvini
Dal tono di voce al social listening, così l'attuale vicepresidente del Consiglio si guadagna consenso (e critiche) sui social
30 Gennaio 2019

I numeri
Like e follower. Per analizzare la strategia social di Matteo Salvini partiamo da qualche dato: nel 2018 il segretario della Lega è diventato il politico italiano più seguito su Instagram. Dall’analisi dell’engagement delle pagine (includendo reazioni, commenti, condivisioni) emerge un picco di interazioni a giugno, subito dopo la nascita del governo Lega-5 Stelle, dovuto però anche al rafforzamento della strategia, con un numero sempre crescente di live streaming e post.


I topic
Entrando nello specifico degli argomenti trattati, i topic che suscitano maggior coinvolgimento da parte dell’audience (ampliata anche ai detrattori in questo caso), sono quelli dell’immigrazione, un tema caldo anche nella campagna elettorale del ministro. L’entourage social di Salvini monitora evidentemente con attenzione insight e trend, creando serie di post, in genere spalmati poi su tutti i canali in modo poco differenziato, per trainare reazioni, commenti e interazioni. Tutti gli argomenti utilizzati contribuiscono alla costruzione di un legame emotivo con i sostenitori, così come i video che appaiono volutamente non professionali, per divulgare un messaggio che, come sostenuto dal NYT, “per quanto polarizzato, è spesso confezionato come soluzione di buon senso”. Molto si è vociferato su un algoritmo che sarebbe stato in grado di fornire a Salvini e al suo social media team i trend da seguire e i topic su cui insistere, ma sembra ormai più probabile che la comunicazione nel suo caso sia un fatto “di pancia”, come si usa dire in questi casi nel linguaggio tipico dei talk televisivi. Un tool per il social media listening è sicuramente utilizzato – come in ogni strategia social basicamente strutturata – ma non ci sembra che si possa parlare di intelligenza artificiale e sofisticati software. LEGGI ANCHE: Che cos’è il Social Media Listening, come funziona e perché dovresti usarlo In tanti hanno parlato di storytelling interpretando la strategia social di Salvini come una narrazione continua, concepita per mantenere alto il livello di attenzione dei follower e aiutando il lettore a riconoscersi come destinatario del messaggio. A noi sembra, però, che si tratti di una comunicazione più frammentata e per temi, che segue una serie di argomenti cardine sulla base dei dati del momento e delle notizie del giorno, per infiammare il pubblico social al momento opportuno, senza timore di coinvolgere nella comunicazione anche i critici. Ma non tutti sono di questo parere: alcuni, infatti inquadrano perfettamente ogni post, tweet e video in un preciso piano di comunicazione, perfettamente adeguato per la piattaforma di riferimento.Lo stile e il tono di voce
Matteo Salvini utilizza abilmente tutti i suoi popolarissimi account per provocare, demonizzare gli avversari, alimentare le paure, accusare (l’Europa ad esempio). E lo fa con un tono di voce che rasenta un registro violento, sempre eccessivamente assertivo, mai dubbioso e spesso autoreferenziale. Anche il maiuscolo, che la tradizionale netiquette attribuisce a un tono di voce urlato, è utilizzato con frequenza per sottolineare, enfatizzare, coinvolgere. Così come i puntini di sospensione, tipici di una comunicazione informale, che lasciano aperte le frasi a sottintesi e alle chiusure delle affermazioni da parte della stessa audience. Salvini sottolinea continuamente gli obiettivi raggiunti, anche quando questi sono discutibili, come a voler smarcare un compito segnato in agenda (la famosa lista di Di Maio), inizia spesso i suoi post con “Io”, rivolgendosi a elettori, concittadini, imprenditori con l’appellativo di “amici”, quasi a voler restringere con le parole il divario tra Paese reale e classe politica. Altrettanto importante per il successo di Salvini è l’aura di autenticità che ha creato intorno a se stesso (ecco spiegata la fetta di Nutella o la foto a letto pubblicata dalla ex-compagna). Un approccio in questi casi più umano e meno politico, che lo riporta nella dimensione della quotidianità comune.
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Il Social Media Team
È evidente a tutti che una tale mole di post, video, immagini e più genericamente di contenuti non possa essere prodotta direttamente dallo stesso Salvini. Alle spalle della sua strategia social c’è infatti una squadra strutturata, che lo ha seguito in campagna elettorale, come normalmente avviene per tutti i politici, e che continua a seguirlo anche come ministro e personaggio pubblico, dando tempi, modi e trend alla comunicazione. Il team dei Social Media Manager, guidato da Luca Morisi, segue i topic trainanti sui social e li trasforma in contenuti con cui alimentare i feed dei follower di Salvini, con una strategia in grado di toccare spesso il cuore e lo stomaco degli italiani, infiammati dai loro problemi quotidiani e in cerca di risposte concrete dovunque, anche sui social.
“Purché se ne parli”, la retorica degli hater
“Sono stata ‘stuprata’ da Salvini. Sono stata ‘stuprata’ da Salvini perché al di là di aspetti anche condivisibili (che pure ci sono) delle sue scelte concrete, e al di là del fatto che molte responsabilità non sono solo sue, Salvini ha riabilitato la peggiore cultura identitaria nazionalista, quella rappresentata dalla triade Dio-Patria-Famiglia”. Con una foto accompagnata da queste parole Valentina Nappi, poco tempo fa anche relatrice all’ultima edizione del TedX di Bari, ha denunciato su Instagram quello che definisce uno stupro culturale ad opera delle politiche del governo. La frase, che copre il corpo della porno-star, attira l’attenzione e la veicola verso il lungo messaggio che accompagna l’immagine, e che merita una lettura. Valentina si scaglia contro una cultura “di sapore fascista”, come i vecchi ‘sani’ valori identitari nazionali tradizionali e sul Ministro degli Interni, colpevole di ostacolare lo sviluppo di “un paese ateo, multietnico, con un’identità culturale che affondi le proprie radici nell’Illuminismo e nel marxismo più illuminato, e che sviluppi queste ultime all’altezza della modernità” per riportarci “una cultura tribale che produce una violenza contro il diverso (come abbiamo potuto vedere) simile a quella che si dà in molte specie di primati non umani”.Ma Salvini, durante una visita ufficiale, ha liquidato con una battuta quella che a qualcuno è sembrata un’intelligente operazione di personal branding o di guerrilla marketing: “Quel giorno ero con Saviano”, tirando a forza nella polemica lo scrittore e giornalista napoletano che non ha mai mancato di mostrare apertamente il suo dissenso alla linea del Viminale. Se Valentina Nappi e Roberto Saviano sono palesemente contrari alla linea politica del Governo di cui fa parte Matteo Salvini, non mancano affatto sostenitori del Capitano tra personaggi famosi e protagonisti del mondo dello spettacolo. Solo pochi giorni fa, lo scontro social e televisivo tra Heather Parisi e Lorella Cuccarini ha portato temi importanti come l’immigrazione e l’accoglienza nelle discussioni su Twitter: qualche botta e risposta al vetriolo scatenato da una serie di interviste e dichiarazioni in cui “la sovranista più amata dagli italiani” ha preso posizione su temi di politica economica, criticando anche alcune dichiarazioni del Papa.
Ci sono, in ordine rigorosamente di importanza, ballerine d’étoile, ballerine soliste e ballerine di fila e, da oggi, anche ballerine sovraniste. O forse no, solo sovraniste. H* #heatherparisi #sovranismo
— Heather Parisi (@heather_parisi) 17 gennaio 2019
La discussione politica non è più ospite fisso dei talk show televisivi: il dibattito è online e in diretta e solo un grande sforzo in termini di risorse umane può essere in grado di monitorare le attività e sfruttare l’onda al momento giusto, decidere in fretta se attaccare o ignorare un commento o, semplicemente, postare la foto di un gattino.Noto con piacere che H non si è ancora tolto l’auricolare dai tempi di “Nemica Amatissima” e dunque mi rivolgo direttamente al suggeritore “Umbi”… @heather_parisi pic.twitter.com/NQHCcOzr0T
— Lorella Cuccarini (@LCuccarini) 18 gennaio 2019
La viralità della comunicazione di Salvini
La strategia di Salvini è solo storytelling della quotidianità o è qualcosa di più? Secondo Andrea Fontana, Managing Director di Storyfactory e docente di diversi corsi sullo storytelling per Ninja Business School, il suo modo di comunicare si integra perfettamente nei meccanismi di ricezione delle informazioni, come oggi sono intesi: «La strategia di Salvini è completamente basata sulla narrazione biografica: racconto di sé nei diversi momenti della vita, non solo politica: dalla stanza da letto, al biscotto della colazione. Questo perché nell’epoca della fast politics la politica è diventata fiction mirata per connettersi con quotidianità dei pubblici ed essere percepiti come “uno di noi”. Salvini inoltre, con un uso polarizzato ma efficacemente orchestrato dei social media, tende – come provo a spiegare nel mio ultimo lavoro “Regimi di verità. Convivere tra leggende e fatti alternativi (codice edizioni), 2019” – a costruire realtà alternative. Che non sono menzogne o bugie politiche, ma modi alternativi di intepretare i fatti costruendo nuove narrazioni significative per gli elettori affinché abbiamo diverse verità possibili tra cui scegliere. Si tratta del truth building, l’edificazione mirata di verità possibili, è una nuova tendenza nella politica contemporanea, definita da alcuni commentatori: il Paradigma Putin». Cosa rende la comunicazione di Matteo Salvini così “virale”? I suoi movimenti social sono in grado di generare veri e propri “tsunami” online, coinvolgendo non solo esponenti del mondo della tv e giornalisti ma anche tante, tantissime persone comuni. Che dicono la loro. Mirko Pallera, CEO di Ninja.it e autore di “Create! Progettare idee contagiose (e rendere il mondo migliore)” paragona le idee contagiose alle onde tanto care ai surfisti: «La differenza tra un’onda del mare e un’idea contagiosa che si propaga in Rete è il fatto che il mezzo di trasmissione non è fatto di materia fisica ma di bit e che l’energia che muove l’idea non nasce da una perturbazione ma da un’emozione».
Matteo Salvini è un politico o un Influencer?
Matteo Salvini è un politico di razza, il suo mondo di provenienza non è quello del web e il suo percorso ha davvero poco a che fare con le logiche di sviluppo dell’engagement tipiche di chi vede nella pubblicazione di un contenuto un valore puramente commerciale. Se non possiamo considerarlo un influencer in senso stretto, la capacità di coinvolgere fan e (tanti, tantissimi) haters nelle discussioni è però conclamata ed evidente, tanto che in un’analisi condotta per Adnkronos dal digital marketing strategist e docente di Ninja Academy Matteo Pogliani, le valutazioni economiche delle sue pubblicazioni raggiungono cifre da capogiro. Anche se le metriche possono essere opinabili, una forbice tra i 15mila e i 70mila euro non può che consacrare il politico della Lega come uno dei politici (e non) più influenti sulla rete, in grado di generare discussioni e condivisioni ma anche di spingere all’azione una grossa fetta dello zoccolo duro della sua fanbase. Infatti, secondo lo stesso Pogliani: «Salvini non è certo stato il primo politico italiano a capire quanto i social network possano, con i loro schemi e le loro caratteristiche comunicative essere uno strumento dal potenziale enorme, capace di poter non solo rapportarsi con le persone, ma farlo ad un livello impermeabile per tv e stampa. Ed è proprio questo punto che differenzia Salvini e, in parte, il Movimento 5 Stelle dagli altri politici italiani, l’aver compreso perfettamente e messo a frutto queste caratteristiche, adottandone stilemi, tono di voce, approccio. Non è un caso che ogni canale (Facebook, Twitter, Instagram) presenti contenuti diversi non tanto per oggetto, quanto per tipologia di contenuto, così da creare messaggi che, adattandosi perfettamente alla piattaforma, riescono conseguentemente ad avere un impatto maggiore anche sugli utenti. Se su FB sono i video a farla da padrone, su Twitter troviamo invece news e comunicazioni più in stile informativo, mentre su Instagram troviamo immagini, persone o meme a dimostrazione della volontà di usare l’ironia come chiave comunicativa per relazionarsi con la fanbase. Una differenziazione per canale che non è certo rivoluzionaria se parliamo di brand, anzi, ma lo è pensando alla comunicazione politica fin qui vista. Due le leve principali della sua comunicazione: l’indignazione e la volontà di apparire vicino, simile, al suo pubblico. Se nel primo caso rientrano i tanti post su immigrazione e, nell’ultimo mese, sul caso Battisti (con un uso del real time marketing da caso di studio), nei secondi vanno registrati i post con citazione a celebri prodotti di consumo italiani (Nutella, Barilla, ecc). Relazionandosi con tali prodotti, considerati da molti parte consueta della propria vita, non fa altro che apparire uomo comune tra altri uomini, condividendone passioni (calcio), necessità, rabbia».

Ma c’è di più: se è vero che Matteo Salvini è un politico e non un influencer, è innegabile che le operazioni di sponsorizzazioni di alcuni prodotti ben radicati nell’immaginario collettivo come “made in Italy” ha certamente risvolti interessanti. Non si tratta più di capire quanto sia valutabile un singolo post in termini di retribuzione al Matteo infuencer; si tratta invece di individuare se, nonostante non siano coinvolti nell’operazione, quale flusso Barilla, Nutella a altri big brand ricevano in ingresso dalle esternazioni spontanee del Ministro. Abbiamo posto la stessa domanda a Emanuele Loiacono, autore di Ninja.it, e anche lui pensa che Matteo sia un politico che è riuscito a vedere nei social network le nuove piazze in cui comunicare con gli elettori. Matteo Salvini è un politico o un influencer? Secondo lui, entrambe le cose: «Sicuramente Salvini rappresenta il politico italiano più social di tutti i tempi. Tuttavia non possiamo considerarlo come un vero e proprio influencer, anche se la sua comunicazione fa pensare a ben altro. Il suo modo di parlare alla gente, di utilizzare temi caldi che l’opinione pubblica vuole leggere, modi di vestire e di dialogare con i suoi fan semplici e diretti, i suoi selfie con brand di cibo di largo consumo, fanno parte di una strategia di marketing ben precisa e tutt’altro che casuale. Il suo obiettivo, e quello del suo team social, è quello di avvicinare la figura di un politico e Ministro alla gente comune, parlare la loro lingua, consumare gli stessi prodotti. La propaganda politica oggi passa sopratutto dai social network. E quale miglior modo di farla se non con contenuti anche leggeri e di vita quotidiana? A mio avviso una strategia vincente: non sono i social le nuove piazze delle città? La seconda professione di Salvini non è quindi quella di influencer. I suoi post infatti sono privi dei consueti hashtag, tipo #adv o #advertising, utilizzati per segnalare attività di sponsorship e che sono invece obbligatori per tutti gli influencer di professione. Anche i brand che sono comparsi nei suoi selfie, Nutella e Barilla per citarne due, hanno categoricamente smentito che dietro a questa attività ci sia un’attività di sponsorizzazione o di finanziamento al partito. Tuttavia, visti i numeri da capogiro sui canali social di Salvini sorge un dubbio: ma se gli influencer sono obbligati a segnalare attività di advertising e collaborazioni con i brand, perché Salvini può sentirsi libero di pubblicare sui suoi profili ufficiali, un piatto di spaghetti Barilla o il primo piano della birra Heineken? Alla luce del suo ruolo istituzionale, i suoi post potrebbero creare dei problemi ai mercati, dare visibilità ad un brand piuttosto che ad un altro o ancora politicizzare alcuni famosissimi marchi di largo consumo. Non sarebbe giusto quindi analizzare questa attività e regolamentarla?».Due etti di bucatini Barilla, un po’ di ragù Star e un bicchiere di Barolo di Gianni Gagliardo. Alla faccia della pancia! Buon pomeriggio Amici? pic.twitter.com/CuwMT9Tlj3
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) 4 dicembre 2018