Daily Brief – Giovedì 11 luglio 2024
Meditazione 3.0, ecco come tecnologia e realtà virtuale provano a darci la felicità interiore
Quest'app per la realtà virtuale prova ad avvicinarci alla mindfulness, ma funziona davvero?
6 Aprile 2019
Meditazione 3.0
Dopo aver installato l’app e configurato l’Oculus Go, con un tap si entra direttamente nel vivo del nostro viaggio. L’applicazione propone sei sessioni di meditazione guidata, ognuna lunga circa 5 minuti. Ognuna di esse propone la realizzazione di cinque specifici obbiettivi per l’avanzamento nel nostro percorso meditativo:- respira;
- focalizza;
- muoviti;
- lascia andare;
- calmati;
- ricomincia.
Come nasce il progetto


Pregi e difetti della meditazione tecnologica
FlowVR è in realtà un’applicazione molto semplice nel suo funzionamento di base. Tanto da essere definita da Tristan rudimentale. Difatti nell’app non è possibile fare granché: non è possibile compiere nessuna azione, ma solo osservare l’ambientazione scelta. A volte vola un uccello, ma niente di più. Questo aspetto rudimentale favorisce, secondo la fondatrice del progetto, la meditazione ad occhi aperti. Una pratica (per molti) più semplice per restare concentrati e procedere negli esercizi meditativi. Come in ogni progetto anche in questo caso ci sono delle lacune: la prima potrebbe essere dettata dalla ripetizione dei video, che a lungo andare potrebbero risultare ripetitivi e noiosi, nonostante i suoni e i dettagli possano ad ogni frazione offrici sempre delle esperienze molto simili, ma al contempo differenti. Tristan non nega che l’app ha bisogno di continui aggiornamenti e livelli per esperienze sempre nuove ed interessanti da un punto di vista meditativo. Un ultimo inconveniente è dettato dalla stessa natura tecnologica del progetto: avvisi come “Batteria scarica’” o “Rete assente” potrebbero interrompere il processo meditativo e ricordarci che banalmente indossiamo un visore, riportandoci tra le quattro mura di casa, vanificando la concentrazione sino a quel punto raggiunta. LEGGI ANCHE: Imparare la felicità sui banchi di scuola. Succede a Yale