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Leonardo Valente

CEO e Founder

BIOGRAFIA

Ha fondato nel 2014 Media Beats, boutique agency focalizzata sulla consulenza in comunicazione d’impresa e sullo storytelling. L’agenzia lavora per multinazionali e aziende italiane, coprendo diverse industry: banking&finance, tech&innovazione, food&beverage, design, beauty, luxury e manifestazioni culturali. Prima di fondare Media Beats, Leonardo è stato Senior Vice President di Edelman, la più grande società di consulenza in comunicazione e relazioni pubbliche a livello globale.

Specializzato nello storytelling e nelle attività di media relation&PR, nel corso del tempo ha avuto l’opportunità di gestire la CEO visibility di imprenditori internazionali – come Bill Gates, Richard Branson e Jeff Bezos, in occasione delle loro visite in Italia – e di imprenditori italiani come Ennio e Massimo Doris, Nerio Alessandri, Oscar Farinetti, Francesco Zonin, Edoardo Caovilla. È stato client leader di brand di primaria importanza, come: Microsoft, Samsung, BlackBerry, ZTE, HP, Nestlé, Roche, CheBanca!, Coca Cola HBC, Edison, Virgin Active, Martini, Lottomatica, Red Bull.

SKILLS

Corporate Communication PR Media Relations AI

Su di me

Su cosa si basano i miei insegnamenti?

I miei insegnamenti si basano sull’ultraventennale esperienza che ho potuto maturare in questo settore, avendo avuto la fortuna di lavorare per grandi aziende internazionali e di gestire la comunicazione in Italia di imprenditori visionari come Bill Gates, Richard Branson, Jeff Bezos e molti altri. Inoltre, l’avvento dell’IA mi ha fatto comprendere come questa sia un acceleratore di insight, creatività e impatto, a patto che venga compresa, integrata e governata. Non serve “usare l’AI, serve confrontarsi con l’AI, sviluppare una nuova cultura della comunicazione in cui i dati parlano, i contenuti si adattano, e il brand diventa una vera e propria media company.

Ecco cosa ho scoperto.

Ho scoperto che il vero valore di un comunicatore oggi non sta tanto nella creatività, ma nella capacità di ascoltare e poi di orchestrare l’attenzione. Saper costruire ponti tra il linguaggio di un’azienda e quello della cultura contemporanea è un mestiere difficilissimo. Il nostro potere è tradurre visione in reputazione, e farlo con strumenti sempre nuovi ma principi solidi. Ma l’AI non è un semplice nuovo strumento, è un nuovo paradigma. L’aspetto più potente è che l’AI non è creativa al posto nostro, ma ci obbliga a essere più strategici, più selettivi, più umani.

Cosa ti propongo di nuovo?

Ti propongo di superare la divisione sterile tra comunicazione “creativa” e comunicazione “strategica”. La nuova comunicazione è ibrida, fluida e verticale: costruiamo storie, ma lo facciamo con i dati, con il timing perfetto, con le relazioni giuste, con il contenuto che performa. Quello che propongo è di usare l’AI per leggere i segnali deboli, analizzare le conversazioni, generare narrazioni scalabili e costruire posizionamenti che vivono sui dati reali, non sulle sensazioni. L’innovazione sta nell’integrare AI, branding e cultura aziendale in un’unica grammatica di comunicazione.

Ti spiego come sono arrivato dove sono oggi.

Vengo dal mondo delle media relations e dello storytelling corporate. Ho fondato un’agenzia indipendente, dopo aver lavorato per undici anni in una delle più grandi e importanti agenzie al mondo, perché volevo avere il controllo non solo della forma dei messaggi, ma anche della loro direzione. Negli ultimi anni, ho cominciato a esplorare l’AI come leva strategica: prima per ottimizzare i flussi interni, poi per costruire contenuti, e infine per pensare l’intero ecosistema di comunicazione come una macchina intelligente e adattiva. È stato un viaggio di osservazione, sperimentazione e adattamento continuo.

Cosa ho capito di questo mestiere?

Ho capito un elemento cruciale: i mercati sono relazioni. Per questo servono comunicatori in grado di stabilire e nutrire queste relazioni, esattamente come serve l’intelligenza artificiale che non sostituisce il comunicatore, ma lo potenzia. Ho capito, poi, che non vincono i più rumorosi, ma i più consistenti. Che la reputazione si costruisce con coerenza e pazienza, e si può distruggere in un istante. Che la comunicazione non può essere scollegata dal business, e che oggi ogni contenuto deve servire a qualcosa: informare, ispirare, convertire. Ho capito che le idee non bastano, servono le azioni. Ho capito, infine, che oggi non basta più saper comunicare: bisogna saper interpretare i sistemi che comunicano. Che l’AI non toglie lavoro ai bravi, ma amplifica il valore di chi ha visione. Che l’unica vera skill insostituibile è la capacità di dare senso. La differenza non la fanno gli strumenti, ma le domande che ci poniamo. E soprattutto, ho capito che il futuro della comunicazione appartiene a chi saprà essere più umano proprio perché più tecnologico.

Il mio invito personale

Ti invito a entrare nel mestiere più affascinante del mondo: quello di chi dà forma alla narrazione. Se hai voglia di imparare a leggere il presente, interpretare i segnali deboli e trasformarli in storie che contano, allora sei nel posto giusto. Qui non si fanno lezioni, si costruisce insieme un modo di comunicare più intelligente, più utile e più efficacie. Ti invito a fare un passo in avanti, senza paura. L’AI non è un mostro da domare o un assistente a cui demandare, ma è una leva da comprendere. Il mio invito è a metterti in gioco, a riscrivere le tue abitudini professionali, a imparare a dialogare con le macchine per comunicare meglio con le persone. È un’avventura fatta di sperimentazione, errori e intuizioni. Ma se impari a usare l’AI come un’estensione della tua intelligenza, ti assicuro che non tornerai più indietro.

I miei corsi

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