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“La rivoluzione climatica sarà grande quanto la rivoluzione di Internet”, intervista al co-founder di Eventbrite
Renaud Visage è stato protagonista al B2B Rocks con un panel dal titolo "Climate Tech: what is it and how will it transform the B2B space?"
30 Giugno 2022

La Climate Tech è un trend o è destinata a diventare un’economia reale, con numeri significativi?
«Ogni grande invenzione è destinata a diventare una grande industria. Ogni settore deve cambiare per ridurre le proprie emissioni di C02. E questo richiede tecnologie diverse, nuove tecnologie, hardware e software, ma anche cambiamenti normativi. Sono fermamente convinto che la rivoluzione climatica sarà grande tanto quanto la rivoluzione di Internet. Perché tutto deve cambiare e questo richiede soluzioni tecnologiche diverse, gli strumenti di cui le persone hanno bisogno per realizzare il cambiamento. È una corsa contro il tempo e dobbiamo muoverci in fretta. Ecco perché penso che sia una grande opportunità».Le persone scelgono brand con finalità ben chiare e con un reale interesse per il clima. Accade lo stesso anche nel B2B?
«Sì, certo. Mia moglie lavora per un’azienda molto grande e sempre più clienti chiedono dichiarazioni, vogliono sapere esattamente cosa sta facendo la sua azienda su tutti i fronti – ambientale, ma anche sociale. Fare business nel mondo B2B oggi è molto diverso rispetto a prima. C’è molta pressione a livello normativo da parte degli investitori e dei finanziatori pubblici. Ogni società deve dichiarare cosa sta facendo per ridurre le proprie emissioni di C02. E questo sarà un requisito indispensabile per le collaborazioni. È necessario dimostrare che si sta prendendo sul serio il cambiamento climatico e non solo quello, ma anche la diversità, l’inclusione, il trattamento equo delle persone e altri temi importanti. Questa prassi diventerà parte integrante di tutti i rapporti B2B. È già così per moltissime realtà. Bisogna compilare lunghi questionari che descrivono al Buyer cosa fa esattamente l’azienda in tutti questi ambiti. Penso che sia solo l’inizio, ma diverrà la norma per tutte le aziende».
Quindi le imprese che forniscono beni e servizi dovranno essere sempre più attente alle tematiche ambientali
«Assolutamente sì. Non si tratta solo del clima, è un raggio d’azione più ampio, ci sono nuovi standard. Per esempio ora si devono compilare questionari sulla sicurezza per assicurarsi di gestire i dati nel modo corretto. Bisogna compilare anche altri tipi di questionari per assicurarsi di gestire correttamente il cambiamento climatico, i propri dipendenti, e così via».Gli eventi live sono finalmente tornati. Cos’è cambiato rispetto a prima dell’emergenza sanitaria?
«Sono molto felice che gli eventi siano tornati. Tutti noi vogliamo incontrarci, divertirci e stare in compagnia degli altri, nella vita reale. Perché abbiamo messo in pausa questo aspetto e credo che tutti ne abbiamo sentito la mancanza. La nuova era non credo sia molto diversa rispetto a prima della pandemia, vedo le stesse tendenze di prima. Le persone hanno meno paura del contatto con gli altri. C’è stato un periodo tra la metà del 2021 e l’inizio del 2022 in cui le persone avevano ancora paura di trovarsi in luoghi affollati. Ma con la fine dell’emergenza, siamo tornati alla normalità, penso che si preferiscano ambienti all’aperto perché sono “meno spaventosi”, dove si può “prendere fiato” e avere più spazio. Forse questo sarà un criterio di selezione, saranno i partecipanti a decidere le location, ma credo che gli eventi siano un bisogno fondamentale degli esseri umani e che tutti noi cerchiamo la connessione fisica con le persone. Forse parteciperemo a meno eventi rispetto a prima: una volta andavo a eventi più o meno ogni settimana. Ora non credo che lo farò, andrò agli eventi che si adattano maggiormente alle mie esigenze, credo. È il rinnovamento degli eventi dal vivo».Quindi abbiamo davvero bisogno di un contatto fisico con le persone?
«È una connessione completamente diversa. Online si ha un contatto istantaneo, direi, che richiede poco tempo, ma non ci si può vedere dal vivo e condividere con l’altra persona uno spazio fisico. È vero che si possono avere molti più incontri online, ma credo che questo uccida la costruzione del tuo network di conoscenze e anche l’engagement con gli altri. Non ci si impegna nello stesso modo».E che dire dell’attenzione per il cambiamento climatico? Gli eventi virtuali sono più rispettosi dell’ambiente?
«Penso che le persone andranno a un numero minore di eventi e sceglieranno eventi più affini ai propri interessi. Si faranno meno viaggi. Ho preso il treno da Parigi per venire qui, un mezzo di trasporto che comporta poche emissioni di C02. Se ci fosse lo stesso evento, ad esempio in Turchia o negli Stati Uniti, probabilmente non ci andrei. Probabilmente così lontano andrò solo una volta all’anno. Bisogna essere consapevoli della propria Carbon Footprint. Che ci piaccia o no, sappiamo quanto stiamo contribuendo al problema e, una volta che si è preso coscienza del proprio impatto, credo sia più facile prendere questo tipo di decisioni: se andare a una gara, a quali eventi dal vivo, quante volte prendere un aereo, quanto andare lontano. Queste sono cose di cui le persone dovrebbero essere consapevoli. Delle conseguenze che comportano le proprie scelte».