Daily Brief – Venerdì 14 febbraio 2025
Unicef: la sfida di fare Lead Generation e Growth Hacking per il non profit
"Nel giro di pochi anni per noi l’apporto del Digital è passato da poco meno del 5% al 15% in termini di raccolta fondi"
21 Febbraio 2022

Cosa rappresenta la lead generation per un’organizzazione non profit?
La lead generation nel profit è una delle tecniche fondamentali per avvicinare il prospect alla vendita dei prodotti. Nella Raccolta Fondi per il non profit e in particolar modo in organizzazioni come la nostra che hanno a disposizione competenze per gestire una molteplicità di canali, una brand awareness rilevante e database consistenti, tradizionalmente si è lavorato di più ad un approccio one-step, tramite appelli diretti alla donazione. Semplificando, la comunicazione da manuale è sempre stata la richiesta di un contributo per risolvere un problema urgente, veicolata in modo semplice e sintetico, mostrando la soluzione e un impatto misurabile. Tuttavia, valutando l’efficienza, la logica del two-step è una strada sempre più percorribile grazie ai canali digitali. Petizioni, value exchange, quiz sono strumenti legati alla mission dell’organizzazione, tecniche che consentono di ottenere buoni cost per lead, consentendoci di avviare un percorso di comunicazione con i potenziali donatori che costruisca un percorso di approfondimento, in modo da coinvolgere gradualmente anche le persone più estranee alla causa, le più lontane da noi. La lead generation ci aiuta a comunicare tematiche, avvicinando le persone alla mission senza chiedere subito una donazione, ma avviandole in un percorso di creazione di valore. La lead generation è inoltre un potente strumento per raffinare le informazioni di marketing e sviluppare nuove strategie. Profilazione, selezione dei pubblici: attraverso di essa possiamo raccogliere informazioni utili a definire meglio le caratteristiche delle nostre campagne, raccogliendo pubblico qualificato da convertire in donazioni e attirando e coltivando per il futuro le giovani generazioni che, soprattutto in Italia, oggi hanno una capacità economica inferiore.
In che modo si sostanzia il concetto di lead generation in UNICEF Italia, quali sono gli strumenti a cui fate ricorso?
Come già accennato, petizioni, value echange, quiz legati alla mission dell’organizzazione e alle sue iniziative sono tutti ottimi strumenti che consentono di ottenere buoni Cost per lead (CPL) e buoni costi di trasformazione finale dei donatori. Le petizioni in particolare ci consentono di assolvere non solo alla funzione di raccolta fondi, raccogliendo contatti da convertire in donazioni, ma anche di esporre al pubblico tematiche di interesse sociale, nazionale e internazionale. Oltre alle petizioni, mirate alla consegna all’istituzione di un certo numero di sottoscrizioni di sostegno ad una richiesta, la nostra esperienza di lead generation si basa su campagne con value exchange e quiz. I lead raccolti attraverso queste diverse tipologie di azioni mostrano differenti livelli di engagement verso il passo finale verso la donazione. Nel caso dei quiz, ad esempio, abbiamo la forbice più grande tra efficienza nella generazione (alta) ed efficienza nella conversione (bassa, ma dipende), nel caso delle petizioni tendenzialmente avviene il contrario. A livello di meccaniche utilizziamo molto le Facebook e Instagram Lead Ads, abbiamo anche testato i moduli di Google e LinkedIn. Altra meccanica di lead generation che usiamo molto è l’instant call back, form presente in genere su landing page di donazione con il quale il potenziale donatore, se non convinto dal voler effettuare una donazione online, può chiedere di essere ricontattato telefonicamente per avere informazioni su come aiutarci. Possiamo gestire questi ricontatti praticamente in tempo reale. I lead che raccogliamo, opportunamente divisi per tipologia di iniziativa e generazione, sono fondamentali per il targeting delle nostre azioni di raccolta dirette con obiettivo di acquisizione dei donatori. E ci permettono di far crescere la nostra house list per il direct mail, canale fondamentale durante le emergenze umanitarie e che riusciamo ad attivare in modo estremamente rapido 7 giorni su 7. Facciamo tantissimo testing su questo canale da molti anni e i frutti cominciano a vedersi.Qualche esempio di campagna di lead generation riuscita?
Tra i casi di successo, una petizione che ha chiesto il rinnovo del Piano Nazionale contro la violenza sulle donne, lanciata in occasione dell’8 marzo scorso e prolungata anche oltre, con la raccolta di oltre 42 mila firme presentata al Ministro delle Pari Opportunità. Tipico esempio di una campagna di advocacy e lead generation. Abbiamo sempre lanciato campagne per l’8 marzo, ma è la prima volta che abbiamo una esplosione di risultati di questo tipo. Da un punto di vista di marketing, questo tipo di iniziative ci aiutano a coinvolgere anche personalità del mondo dello spettacolo, il magico mondo degli influencer, oltre ai nostri tradizionali testimonial e ambasciatori vip (in questo caso ci hanno fornito un aiuto davvero prezioso Serena Rossi, i Pozzolis, Stefano De Martino e Alessia Marcuzzi). Da parte nostra c’è interesse ad amplificare la reach: noi non investiamo in influencer marketing, coinvolgiamo persone in una causa ed è importantissimo amplificare la visibilità in termini di pro bono. Nell’ultimo anno abbiamo costruito un piano intorno agli influencer, collegandoli alle campagne e cercando di trovare le persone giuste per le cause giuste, che potessero rappresentarle efficacemente. Stiamo trovando sempre più attenzione e interesse, perché riusciamo a coltivare queste relazioni, sia attraverso l’area Social che Corporate.Come si inserisce il Growth Hacking nella vostra strategia di marketing? E come si conciliano gli obiettivi di scaling con il codice etico di una organizzazione senza scopo di lucro?
Stiamo lavorando molto sull’approccio del Growth Hacking, non solo sul digital ma per quanto possibile su tutti i canali, è un approccio vincente. Da 4 anni a questa parte abbiamo progressivamente inserito nel team Digital marketing nuovo personale specializzato per gestire la strategia, il delivery e l’analisi dei dati delle campagne online, persone giovani, ma con già tanta esperienza e voglia di fare la differenza per come professionisti nell’ambito del no profit e per l’UNICEF. Complessivamente abbiamo rifondato la strategia per i nostri principali prodotti di donazione: donazione regolare, donazione singola, lasciti e 5×1000, assumendo sempre più un approccio di campagna always on, avviando processi di miglioramento iterativo, testing continuo, di ottimizzazione del contenuto per i diversi pubblici. Abbiamo ancora molto da lavorare per affinare il processo e integrarlo perfettamente nel nostro planning. Il Growth Hacking risponde come metodo non solo all’esigenza di avere risultati migliori, ma credo anche in modo specifico al principio che dobbiamo usare con estrema attenzione quella parte di fondi raccolti che possiamo reinvestire nei programmi di raccolta fondi. Ottenere efficienza ed efficacia nella raccolta fondi attraverso un giudizioso utilizzo degli investimenti e garantire uno scaling sostenibile.
Cosa significa comunicare i valori di una organizzazione internazionale come Unicef?
La struttura internazionale ha sempre fornito ai Comitati Nazionali linee guida per la comunicazione e sempre di più negli ultimi anni anche contenuti di campagna più strutturati, compresi gli specifici formati creativi. Le linee guida sono molto precise e mirate alla costruzione di messaggi orientati a preservare la grande storia e il prestigio dell’Agenzia delle Nazioni Unite, una storia basata su credibilità, trasparenza ed efficacia: il tono di voce è positivo e determinato a creare con coraggio cambiamenti concreti per le realtà in cui opera, mirando a costruire un’immagine empatica dell’organizzazione. L’UNICEF è un’agenzia delle Nazioni Unite e spesso al mondo ONU vengono associati connotati diametralmente opposti rispetto alla piccola organizzazione che sviluppa piccoli progetti a livello locale e che non ha una rete di partnership articolata. Il nostro lavoro consiste nel conferire un carattere di forte umanità ad un’organizzazione che lavora a livello mondiale, che ha uno staff ampio e dislocato e che ha accumulato una grande esperienza basata sulla precisione dei processi che gestisce globalmente, come logistica, organizzazione finanziaria, delivery degli aiuti nelle situazioni più difficili, dai teatri di guerra alle emergenze umanitarie alle calamità naturali. Noi dobbiamo tradurre questo lavoro estremamente complesso in messaggi efficaci, semplici e richieste precise, affinché possa essere comprensibile al maggior numero di persone possibile.Com’è si inserisce l’approccio comunicativo di Unicef Italia nel solco dell’organizzazione internazionale?
Le linee guida internazionali ci lasciano una certa libertà di declinare i contenuti per meglio rispondere al nostro contesto specifico. La mission del Comitato Italiano è la raccolta fondi e la promozione dei diritti dell’infanzia e lo fa attraverso campagne internazionali ma anche campagne che esistono solo in Italia, come ad esempio la campagna per il 5×1000. Possiamo anche decidere se affidarci a contenuti creativi nazionali o a contenuti provenienti dall’head quarter se pensiamo possa funzionare meglio. Non c’è in UNICEF dal punto di vista della raccolta fondi un approccio così fortemente top down come in altre realtà e questo è un bell’aspetto del nostro lavoro. Non siamo declinatori: possiamo essere creativi, definire la strategia. Svolgiamo periodicamente ricerche di mercato per comprendere i nostri pubblici di riferimento e declinare le nostre comunicazioni in base ai sistemi di valore e alle abitudini di consumo. Ciò che è sempre più vero è che il nostro lavoro si concentra sul preservare il tono di voce dell’Unicef ma cercare di differenziare il modo di comunicare in base alle audience di riferimento. Rispetto al passato, siamo sempre più attenti, in particolare con il Digital, a offrire un’esperienza diversificata rispetto ai canali di raccolta fondi tradizionali, nel tentativo di attrarre anche audience più giovani rispetto ai Baby Boomer o la GenX, che sono il core della nostra base donatori. Per ogni prodotto di donazione cerchiamo di usare uno stile adatto all’interlocutore, che sarà diverso se promuoviamo un regalo solidale per San Valentino o il programma sui lasciti testamentari. Altro stile ancora è quello durante le emergenze umanitarie, che è ancora più diretto e orientato a veicolare chiaramente il bisogno e l’urgenza.Qual è oggi l’incidenza del Digital nella strategia Unicef Italia? E quanto ha inciso la pandemia sulla modalità delle campagne?
Fino a pochi anni fa molte campagne di raccolta fondi esistevano soltanto mediante affissioni, stampa cartacea, un po’ di TV, direct mail e un piccolo investimento nell’online; oggi molte esistono prevalentemente o esclusivamente online. Nel giro di pochi anni per noi l’apporto del Digital è passato da poco meno del 5% al 15% in termini di raccolta fondi, con punte 20% nel 2020. Un anno particolare, perché abbiamo dovuto stoppare alcune campagne field, per noi molto importanti e prioritarie, per esempio il face to face, i dialogatori, che per noi sono uno strumento di raccolta fondi centrale che offre un’ottima profittabilità: nel 2020 ci sono stati due mesi in cui non abbiamo proprio potuto farlo. Abbiamo fatto degli spostamenti di budget su TV e Digital con ottimi risultati. Nel 2020 abbiamo più che raddoppiato il risultato del Digital rispetto al 2019 e abbiamo visto che le persone volevano continuare a donare anche in una situazione di emergenza e offrendo loro più stimoli in un canale adatto a farlo la risposta è stata forte. Abbiamo fatto una campagna per la consegna dei materiali sanitari per la risposta al Covid-19 in Italia, che è andata molto bene, dimostrando al contempo che UNICEF non aiuta solo i paesi a basso e medio reddito, ma è attenta anche ove necessario alle emergenze anche in paesi più ricchi, che normalmente non hanno bisogno dell’intervento di un’organizzazione come la nostra. Diciamo che il 2020 è stato un outlier nel marketing mix, ma allo stesso tempo ha velocizzato come per molti altri processi già in atto di sviluppo e incremento del canale Digital, che lo confermano al centro delle strategie di crescita per il futuro. Il Digital oggi è un protagonista del nostro marketing mix e il canale con il più grande potenziale di crescita.