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  • “You are the media now”, cosa significa il post di Elon Musk che celebra la vittoria di Trump

    La rivoluzione dell'informazione, sicuramente più fattibile nel breve tempo rispetto alle colonie spaziali, è sotto i nostri occhi

    6 Novembre 2024

    Trump è il 47° presidente degli Stati Uniti e si sprecano le analisi sulle ragioni di una vittoria così ampia e clamorosa che coinvolge ampie fasce di l’elettorato, comprese le minoranze.

    Cos’è “You are the media now” e perché Elon Musk lo ha detto

    Nel chiasso dei commenti di queste ore forse è passato sottotraccia un post di Elon Musk su X, che recita: “You are the media now”.

    Su questa frase potremmo scriverci un libro, dato il personaggio che l’ha scritta, il momento in cui l’ha scritta e le implicazioni sociali, mediatiche e politiche che hanno portato a realizzare quella che suona come una profezia.

    Implicazioni sociali e mediatiche di “You are the media now”

    Molti commentatori parlano di “tecnocrazia”, di un futuro “governato dall’AI”, di “crisi della democrazia” e di altre idee che, tuttavia, sembrano già superate nel momento in cui Musk scrive “You are the media now.”

    In queste parole è implicito il riconoscimento che, fino ad ora, una vasta parte della popolazione non aveva realmente voce, e la presunta libertà portata dai new media era in gran parte illusoria.

    L’ascesa della tecnocrazia e il ruolo dell’AI nella comunicazione moderna

    L’uomo dei razzi non si riferisce soltanto all’acquisto di Twitter (ora X), ma a un processo più ampio che sta portando un’ampia fetta di popolazione a far sentire la propria voce, non solo alle urne.

    Tu sei il mezzo” (attraverso cui avviene il cambiamento: il voto) ma tu – elettore – sei allo stesso tempo un media, perché la tua voce adesso non solo si può sovrapporre ma può essere più forte del mainstream, compreso quello delle piattaforme di social media che nascono libere, ma poi diventano a loro volta editori, con rigidissime “regole di community”.

    L’evoluzione della libertà di espressione: da nuovi media a media personali

    Questo processo non è avvenuto in un giorno, è la parte finale di una visione di lungo periodo. Una sorta di piano trentennale che, nella mente di Musk, vedrà l’uomo approdare su Marte.

    La rivoluzione dell’informazione, sicuramente più fattibile nel breve tempo rispetto alle colonie spaziali, è sotto i nostri occhi.

    Ma la rivoluzione informativa è innanzitutto una rivoluzione POP: era dai tempi di Ronald Reagan che non si assisteva a un simile cambiamento.

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    La campagna elettorale di Trump: nuovi simboli e tattiche mediatiche

    Donald Trump, in questo decennio ha dato vita a un movimento che va oltre la politica e diventa cultura popolare, fatta di rituali, di gesti, di colori, di abbigliamento identificativo (il maga hat nel 2024 si è visto in mille varianti, tra cui quella total black di Elon Musk).

    make america great again hat

    La vera svolta si ha proprio con l’incontro tra il Tycoon e l’uomo più ricco del mondo che aggiunge la sua visione a un movimento di popolo già presente e, spesso, sottorappresentato nell’offerta di contenuti mediatici.

    Spot elettorali non ufficiali e l’impatto del marketing della nostalgia

    Inizia dunque una campagna piena di riferimenti mai visti: un attentato diventa soggetto iconografico per t-shirt e gadget di ogni tipo; i botta e risposta spesso non passano più da uno spot o da un dibattito tradizionale ma da un’iniziativa che fa parlare di sé: Kamala Harris, ad esempio, racconta di aver lavorato da McDonald’s in gioventù, un aneddoto non verificabile.

    Trump allora si fa immortalare nelle vesti di addetto agli hamburger in uno dei ristoranti della celebre catena di fast food, guarda caso proprio nella contendibile Pennsylvania.

    Biden dice che l’elettorato di Trump è “garbage” (Spazzatura)? The Donald si fa riprendere mentre sale in un camion della nettezza, con tanto di pettorina e cappello d’ordinanza.

    L’uso dell’ironia e della “meme war” nella campagna di Trump

    Un discorso a parte va agli spot elettorali, a cui sono state destinate, come sempre, ingenti risorse ma che hanno visto proliferare, specialmente nel campo repubblicano video non ufficiali che hanno fatto scalpore.

    Nulla di nuovo: il celebre spot di Daisy, che nel 1964 fece infuriare Goldwater e convinse l’elettorato a votare Johnson, non era stato prodotto dal comitato ufficiale democratico.

    La vera differenza con l’oggi è, ancora una volta, il mezzo: i media sono le persone stesse, che stavolta hanno avuto tutto le risorse, il tempo e i temi per creare e incidere.

    Il marketing della nostalgia ha invece lavorato su due piani: al primo livello la nostalgia di una mitica “golden age”, Let’s America Great Again era già slogan di Ronald Reagan che faceva a sua volta riferimento al periodo idealizzato degli anni Cinquanta e Sessanta.

    Al secondo livello la nostalgia dei riferimenti POP dell’elettorato.

    Nello spot “Dark Maga“, rilanciato da Elon Musk su X, si nota un concentrato mai visto di riferimenti a fumetti, conquiste spaziali, battaglie epiche, fantascienza distopica mixata abilmente con le parole del Tycoon.

    L’altro cambiamento nella comunicazione di questa campagna l’ha fatto l’uso dell’ironia: non parliamo solo della meme war (già vinta da Trump nel 2016) che si è riproposta con nuova forza e vigore, ma parliamo anche della tendenza a trattare temi anche molto complessi, o di dare risposte all’avversario tramite l’uso di meta-linguaggi surreali.

    Così il “Department di government efficiency”, che dovrebbe tagliare la spesa e le tasse, diventa in acronimo D.O.G.E. che è – guarda caso – anche una criptovaluta che ha come sua mascotte proprio il cane Doge.

    Allo stesso modo la ex-wrestler Hulk Hogan, icona generazionale per i Minnennial, è apparso nei mesi scorsi ai comizi di Trump replicando il celebre gesto di strapparsi la canottiera.

    Ironia ripresa anche per replicare al celebre post della superstar Taylor Swift, nel cui endorsement per Kamala Harris, si era firmata Childless Cat Lady.

    Potere dei content creator: la replica più efficace e virale arriva bordo di un aereo con uno striscione con su scritto: “Trump 2024, Ready for it, cat lady? MAGA“.

    L’account Instagram della cantante, al momento, non accetta più commenti sotto ai post.

    L’ironia ha il potere di rendere immediatamente obsolete le argomentazioni dell’avversario e di deviare l’attenzione. Musk ne è un maestro, e l’intera campagna di Trump ne ha fatto ampio uso.

    Infine, Bitcoin: la criptovaluta più famosa al mondo, schizzata al suo “all time high” nella notte elettorale, è stata citata e difesa da Trump in numerose occasioni: dalle convention ufficiale di bitcoiners a veri e propri impegni elettorali, come quello di creare una riserva strategia nazionale della moneta digitale più famosa al mondo, una volta eletto.

    Perché “The medium is the message” è ormai superato

    Non è solo un modo per ammiccare a un elettorato altrimenti difficile da raggiungere, ma rappresenta anche un ulteriore elemento di quella visione ampia che ha segnato tutta questa campagna elettorale, rivoluzionando di fatto la storia della comunicazione politica e segnando una netta rottura con il passato.

    Il celebre adagio di McLuhan, “The medium is the message,” suona ormai superato, come i classici dibattiti elettorali sulla CNN.

    È giunto il momento di approfondire il concetto di “You are the media now”, che si presenta come un passaggio storico capace di cambiare nettamente il paradigma della comunicazione.

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